Chissà che lo spirito di Federico Barbarossa che certo alberga ancora al Castel Baradello avrà sorriso. Como infatti ha espugnato Milano. Il ritorno del secondo lotto della nostra tribolata tangenziale nella lista dalle opere programmate dalla Regione, da cui era stato proditoriamente estromesso anche da mani distratte dei rappresentanti lariani al Pirellone, è un cimento vittorioso degno del dirompente imperatore medievale.
Ma si tratta della vittoria di una battaglia non di quell’altra cosa definita con un parola che di questi tempi è opportuno non utilizzare se si parla di una strada, sia pure fondamentale per il territorio comasco. Quindi non bisogna mollare il colpo e continuare con la determinazione e la sagacia (in particolare di un valente dirigente del Comune di Como, Giuseppe Cosenza) che ha consentito di riaprire uno spiraglio in una partita che appariva chiusa a doppia mandata. Adesso lo spiraglio va allargato e la prima mossa è quella del progetto. Anche qui meglio non attendersi particolare aiuti esterni e cercare di andare avanti il più possibile senza averne bisogno. Chiaro che, di questi tempi, si debba tentare di elaborare una proposta il più conveniente possibile anche per i privati (il secondo lotto della tangenziale fa parte di Pedemontana, un’opera realizzata in project financing).
Una volta ultimata la pratica, la faccenda si sposterà a Roma. Lì infatti occorre bussare per trovare quei finanziamenti che, peraltro, almeno a sentire il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni ci sarebbero addirittura già. Anche se forse fanno parte del famoso fondo “Araba Fenice”, quell’uccello mitologico che tutti sanno che c’è ma nessuno dove. La Fenice, peraltro, aveva la fortuna di rinascere dalle proprie ceneri, cosa non così facile da realizzare con i quattrini una volta che sono spesi.
E non è agevole neppure immaginare di trovare il tesoretto pronto che ci aspetta nella capitale se si pensa che, a oggi, non ci sono certezze di copertura economica neppure per il restante tratto della Pedemontana che dovrebbe portare da Lentate sul Seveso a Bergamo. Alla fine c’è poco da guadagnare, il che si significa che non c’è neppure nulla da perdere. Male che vada ci ritroveremo come ora con il nostro moncherino di tangenziale da percorrere pagandolo come se ci fosse oro al posto dell’asfalto e che neppure risolve i cronici problemi di traffico del territorio. Perciò tanto vale tentarle tutte, con l’impegno comune, in testa parlamentari e istituzioni.
Peraltro se il presidente del Consiglio. Matteo Renzi ha riesumato un altro progetto che si credeva morto e sepolto come il ponte sullo Stretto di Messina, vuol dire che nulla è impossibile.
Anzi a pensarci bene magari i quattrini necessari a completare la tangenziale potrebbero arrivare proprio da lì. Con tutto il rispetto dei nostri connazionali siciliani e calabresi, siamo certi che un’infrastruttura del genere abbia diritto di precedenza sulla nostra? Pensiamo alle direttrici del traffico commerciale e forse potremmo darci una risposta. Dice: ma il ponte lo stanno aspettando da più di cinquant’anni? Sì eh? E noi la tangenziale, no? E poi Renzi magari potrebbe trovare il modo di accontentare tutti, arte in cui si difende alla grande. Magari basterebbe tiragli un po’ la giacchetta.
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