Si è celebrato il giorno del ricordo: iniziativa che sottoscrivo pensando ai sei milioni di martiri dei nazisti; per loro ho sciolto una preghiera, io cattolico, perché penso che essi abbiano meritato l'infinita pietà di Dio. Tuttavia sarei più appagato se a quei derelitti fossero accostate le vittime di Stalin, ben superiori per numero, costantemente dimenticate: basti citare i Kulaki fatti morire letteralmente di fame all'inizio degli anni trenta del secolo scorso. È forse perché il ricordarle è politicamente scorretto? Il campo di sterminio delle isole Solovki, chiamate “Isole del martirio” da Jurij Brodskij che ne scrisse un libro, nacque subito dopo la rivoluzione di ottobre ben prima, dunque, dei lager nazisti. Sembra che, dopo il 1933, emissari di Hitler visitassero il sistema concentrazionistico bolscevico, quello dei Gulag per intenderci, per trarne i necessari lumi. Tralascio, per non appesantire il discorso, le foibe, Pol Pot, i massacri di Hutu e Tutsi e via celebrando. Perciò quando si parla di “ricordo” non si dimentichino le vittime del comunismo, altrimenti esse rischiano di morire due volte: materialmente e moralmente.
Cesare Di Dato
Ricordando la Shoah, il pianificato e sistematico genocidio del popolo ebraico, non si dimenticano le vittime di altre forme di sterminio. Le si associa mestamente alla Shoah. Le si comprende dentro il lungo elenco delle follie umane. Le si annovera nella storia dell'inqualificabile. La storia è come una galleria di quadri con pochi originali e molte copie, e talvolta (e purtroppo) succede che le copie siano peggiorative degli originali. La storia dovrebbe essere maestra, insegnare a non commettere più ciò che non andava commesso. Invece capita (capita regolarmente) che la storia non insegni nulla. Non lo insegna alla sordità della coscienza e alla cecità intellettuale d'alcuni uomini, che riescono (vi riescono incredibilmente) a far parte numerosi altri del loro farneticare. Questa è la tragicità della storia, ricca d'esempi di teorizzatori della completa distruzione di tutto quanto (uomini e donne compresi) risulta contrario alle proprie idee. Non ammesso che siano idee, e concesso invece che siano deliri. Confrontare un abominio con altri, polemizzare sul profilo politico-terroristico d'una società tirannica nei riguardi di altre, richiamare un altro orrore quando se ne sta denunziando o rammentando uno, presenta il rischio di seminare dubbi giustificazionisti. Anche di seminarli inconsapevolmente. E questo è un rischio che non dobbiamo correre. Che non vogliamo più correre.
Max Lodi
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