La grande novità degli ultimi anni è stata l’esplosione del turismo. Sul lago ma soprattutto in città dove c’è stato un vero e proprio boom, un fenomeno per certi versi inspiegabile agli occhi dei comaschi perché non c’è stato - a parte la riqualificazione di piazza Grimoldi – alcun significativo cambiamento del paesaggio urbano e dell’appeal culturale (anzi, su questo fronte, abbiamo fatto se possibile anche qualche passo indietro visto il naufragio delle mostre a Villa Olmo). Un fenomeno inspiegabile e allo stesso tempo oggettivo. Lo dice l’esperienza comune di chi vive il centro città e lo dicono i numeri. Ne basta uno, il +54% delle presenze nelle strutture extra alberghiere nel primo semestre dello scorso anno. Sì, avete letto bene: strutture extra alberghiere perché i turisti aumentano negli hotel ma cinque volte tanto nei B&B e soprattutto nelle cosiddette case vacanza che si trovano su AirBnB o Booking.
In città, soprattutto in centro storico, ce ne sono più di duecento e continuano ad aumentare in virtù, evidentemente, della loro redditività.
Il mercato è rapidamente cambiato: all’inizio si è cimentato in questo business un gran numero di piccoli proprietari desiderosi di arrotondare mettendo a reddito ora una stanza, ora la seconda casa; oggi quel mondo un po’ naif è sempre più in un angolo e la gestione delle case vacanze è diventata appannaggio di società ben organizzate. A queste si devono alcuni dei più significativi interventi di riqualificazione edilizia in città murata ed è sì una circostanza positiva perché servivano interventi di recupero diffusi in un tessuto abitativo in varie parti molto degradato ma è anche il segno che sul turismo c’è stato un salto di qualità e che la politica dovrà gestire con oculatezza.
Cosa significa gestire? Di sicuro, non necessariamente, significa imbrigliare, ostacolare. Sull’importanza del turismo per il futuro di Como non c’è dubbio, saggio però è anche iniziare a considerare quali opportune contromisure è possibile considerare per evitare che la nostra città faccia la fine ad esempio di Firenze dove il dibattito, su questo tema, è stato recente ed acceso. Nel capoluogo toscano, in passato, a cacciare i residenti dal centro erano gli alti profitti per affitti a studenti universitari o a stranieri (spesso stipati in case di bassa qualità). Ora è il turismo. Vogliamo che succede lo stesso anche qui? Crediamo che la cosa migliore per Como sia la trasformazione del centro in una grande vetrina piena di ristoranti, bar, locali e case vacanze? Ora, va detto con chiarezza, qui da noi non c’è, non c’è ancora perlomeno, un’emorragia di residenti nel centro storico, vale la pena però iniziare ad aprire il dibattito come ha fatto l’assessore Spallino. Lo spunto è buono alla vigilia della campagna elettorale e sarebbe quanto mai opportuno che i candidati, anziché immaginare al solito la città dei sogni (quella della metrotranvia o degli autosili sotto il lago) cominciassero a parlare della Como che abbiamo davanti agli occhi.
Non c’è città, o meglio non c’è comunità viva, senza i suoi abitanti e un tessuto commerciale articolato, vario e ricco (di storie e di persone, non solo di fatturato). E non può non preoccupare il grido d’allarme di un’attività storica coma Guerci, in difficoltà per la carenza di parcheggi, che raccontiamo oggi nelle pagine di cronaca. Il turismo può fare la fortuna di Como e dei comaschi. Ma può diventare anche un mostro che ne divora l’identità profonda.
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