Sono loro i “big spender” che, tradotto in italiano (sì, insomma, gli spendaccioni), suona quasi come un insulto per i nostri milioni di precari e di disoccupati. Ma proprio per la voglia di viaggiare, di fare shopping, ma anche di aprirsi alla cultura e al bello – tutti lussi che noi ci stiamo dimenticando - loro, i turisti cinesi, sono soprattutto una grande risorsa.
Un tesoretto, questo turismo dal nuovo volto, che i comaschi devono imparare a tenere caro, soprattutto in vista dell’evento che farà conoscere Milano e il vicino lago di Como al mondo, quell’Expo che s’avvicina a grandi passi e che sarà anche per i lariani come un treno. L’ultimo treno: perderlo sarà imperdonabile. Diceva bene Philippe Daverio dopo la sua recente visita a Como: avete tutto, cari lariani, dal paesaggio più invidiato al mondo a un’arte e un’architettura uniche, ma dovete decidere cosa fare da grandi. Dovete darvi una mossa, crearvi un’identità culturale e turistica proprio in vista dell’Expo. Ora o mai più.
E i cinesi, che c’entrano i cinesi? C’entrano eccome, perché anche il turismo lariano sta cambiando. Le statistiche più recenti parlano chiaro: meno tedeschi e inglesi, e ovviamente meno italiani (- 6,74% tra il 2011 e il 2012 in termini di presenze nelle strutture lariane) e più russi, indiani, brasiliani e, appunto, cinesi. Questi ultimi, rispetto all’anno precedente, segnano addirittura una crescita del 50%. Su numeri piccoli, si dirà, ma altri dati dicono che i turisti made in Cina, sempre più in movimento, sono proprio quelli che il Lario sta cercando: vuoi perché scelgono mete meno scontate, più di nicchia (oltre al lago di Como, gettonata Capri, ma anche le poco segnalate Cinque Terre), vuoi perché preferiscono viaggi individuali a quelli organizzati.
E soprattutto, i nostri amici cinesi, spendono: e spendono perché amano il bello. Sono disposti anche a sborsare grosse cifre per un albergo di charme, una dimora storica, una cena particolare, un tour che li porti a scoprire, per esempio, ville o location esclusive.Èper questo che gli operatori che mirano a intercettare questo target dovrebbero studiare esperienze dedicate alle eccellenze italiane e nel nostro caso lombarde (culturali, gastronomiche e di alta moda), e garantire un livello top dei propri servizi. I cinesi non si accontentano di una cena che mischia - orrore - spaghetti e cappuccino. Curiosi per natura, con o senza macchina fotografica al collo (ma ormai le nuove generazioni viaggiano con l’iPad, si informano e prenotano attraverso siti come Sina Weibo e Jiapeng) i visitatori spesso griffati e coltissimi che arrivano da Pechino o da Shanghai hanno voglia di emozioni alternative e non banali, sono attratti da aziende eccellenti, all’insegna per esempio del food & fashion. E visto che moda, seta e tessile restano le più grandi attrattive di questo nostro ramo del Lario, perché non studiare pacchetti che abbinino turismo classico a tour mirati alla scoperta di questa nostra risorsa? Un business che fa gola, a saperlo cogliere al volo.
Forse è per questo che qualcosa , ebbene sì, a Como si muove, anche (si spera) in vista dell’Expo, grazie a un lungimirante workshop, iniziato ieri alla Camera di Commercio, sulle strategie di promozione turistica per turisti cinesi. Ancora tre gli incontri per parlare di strategie, per studiare modelli di accoglienza al passo con i tempi. L’orizzonte passa dalla conoscenza di nuovi modi e costumi. Restare chiusi in se stessi sarebbe l’errore più grave. E un’iniziativa come questa fa capire che i comaschi, finalmente forti di un po’ di sana umiltà, una cosa l’hanno capita: stando fermi si muore.
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