Il poliziotto è disteso sul marciapiede, già ferito. D’improvviso si accorge che uno dei terroristi si sta avvicinando con in braccio il suo mitra. D’istinto alza le mani in un gesto che chiede pietà. Ma l’uomo non lo degna nemmeno di uno sguardo, gli passa accanto e gli spara il colpo di grazia, uccidendolo.
La pietà è morta ieri a Parigi, su quelle strade insanguinate dal fanatismo e dall’odio. Quelle mani alzate, quel terrore dipinto sul volto di un uomo inerme disteso a terra, rimarranno nell’immagine collettiva come il simbolo di una linea che è stata tragicamente
oltrepassata. La strage di matrice islamica nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, che è costata la vita a dodici persone, rappresenta tragicamente l’irrompere del Califfato islamico nel cuore dell’Europa.
Un’Europa che ha sempre drammaticamente sottovalutato il pericolo del fondamentalismo, ritenendolo probabilmente un fatto talmente lontano da poter essere sottaciuto.
Questa orrenda strage sembra portare con sé un messaggio non più rivolto ad un’organizzazione capace di portare avanti la strategia terroristica. Il nuovo richiamo macchiato di sangue innocente si indirizza paradossalmente alle coscienze degli occidentali. Così come avevano fatto i terroristi all’indomani dell’attentato di Atocha a Madrid, scrivendo: «Vinceremo noi, perché amiamo la morte più di quanto voi teniate alla vita». Ed è una frase che sembra echeggiare mille volte in mille parti del mondo, tutte le volte che il fanatismo religioso uccide in nome di Dio. Uccide innocenti, uccide semplicemente perché la cultura della morte prevalga sulla cultura della vita.
Ecco perché la strage di Parigi è una sfida alle nostre coscienze, al prevalere di una posizione vera e forte. E’ nella coscienza di ciascuno di noi che deve crescere, deve maturare, la consapevolezza che il terrorismo si batte se si battono le sue ragioni.
In questo senso l’Europa non deve cedere allo sconforto, deve riconoscere i suoi errori, fatti di silenzi. La sua bandiera, la bandiera delle società democratiche non deve ammainarsi a lutto, ma deve sventolare forte. Come ha detto papa Francesco, «bisogna opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica fra le persone e i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura. La vita e la dignità di tutti vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata».
Occorre capire che il monito di Norberto Bobbio «il riconoscimento del valore della libertà non deve creare l’illusione della sua eterna durata», resta valido, oggi più che mai. Evitando la caccia alle streghe, l’anti-islamismo generalizzato, la speculazione. Tutto questo non serve. E’ nella coscienza di ciascuno di noi che deve maturare la consapevolezza che il terrorismo si batte se si battono le sue ragioni.
Perché la guerra contro il fondamentalismo e il suo progetto di morte e di potere potremo vincerla solo se non rinunceremo mai, a costo di qualsiasi sacrificio, a ciò in cui crediamo, alle nostre radici, se continueremo ad essere noi stessi e se non cederemo mai alla logica della violenza.
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