Vernice che sporca
la memoria di tutti

Gli attivissimi volontari di “Como città pulita” e un gruppo di giovani del Rotaract hanno provveduto nei giorni scorsi a ripulire, per quanto possibile, i muri del basamento e i muretti adiacenti del Monumento ai Caduti, cancellando le scritte dei soliti protestatari contro il Nulla, che imbrattano ogni superficie utile a prestarsi come lavagna per la loro voglia di autoproclamarsi libertari ad oltranza.

È valso a poco: altre scritte, ancora più inutili e volgari, oppure quantomeno sciocche ed infantili, sono subito comparse ad insudiciare di nuovo le bianche superfici di quello che dovrebbe essere anche per questi scervellati un sacrario, specialmente ai bordi degli ingressi dai quali si intravedono i nomi dei Caduti incisi sulla pietra (perché, come diceva la motivazione originaria, “restino scolpiti nella memoria”).

Gli sforzi dei ripulitori non bastano. È evidente che questo accanimento nel deturpare un’opera per la quale negli anni Trenta l’impegno costruttivo, anche nella scelta del materiale adatto, fu pari al significato simbolico-commemorativo che l’aveva ispirata, è dovuto principalmente all’ignoranza dei vandali. Si è detto spesso che bisogna salvaguardare il prestigio estetico di un tale patrimonio, inserito nel percorso storico in un’area dove il momento della progettazione razionalista riesce a produrre non un solo esempio ma una serie di realizzazioni coerenti e legate fra loro al punto da formare un vero e proprio sistema urbanistico. Nel caso del Monumento ai Caduti, la qualità dell’arte assume un altro valore aggiunto, quello sacrale.

Dedicato in un primo tempo ai morti nella Grande Guerra, si è deciso poi, giustamente, di accogliere idealmente nell’omaggio, in un abbraccio collettivo, anche coloro che hanno donato la loro vita in tutte le guerre. E per accentuare il mesto spirito informatore dell’intero complesso monumentale, il progettista Giuseppe Terragni volle ampliare il sagrato circostante con due ali semicircolari, disegnando con il viale d’accesso la forma di una Croce: due esedre delimitate da cipressi, alle quali si accede mediante una breve scalinata, che si prestano anche a celebrare funzioni religiose.

Come dunque far capire a chi non sa nulla di tutto ciò e nella migliore delle ipotesi si serve del fabbricato per fare un picnic domenicale o per ammirare il paesaggio dalla sommità? Temo che il disporre cancellate e sbarramenti non servano a evitare i vandalismi e gli abusi, anzi che scatenino ancora di più l’insolenza dei devastatori. Pensiamo piuttosto a informare, se non proprio a educare, i malintenzionati. Disponiamo cartelli con scritte adeguate, di immediata comprensione, prive di troppe citazioni erudite che scoraggiano l’attenzione. Non senza avvertire che chiunque si avventuri a danneggiare questa zona protetta va incontro a penalità severe. A cent’anni dall’inizio della Grande Guerra e alla vigilia dell’anniversario della Liberazione un provvedimento del genere mi sembrerebbe più che mai opportuno. Non solo per un dovere civico o per una semplice opportunità di salvaguardia ambientale. Ci sono cose che contano di più, nella vita di tutti e anche oltre.

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