Vita e sogni
di Claudio Trotta, promoter

Il fondatore della Barley Arts racconta nell’autobiografia “No pasta no show” 40 anni di musica dal vivo in Italia. La recensione di Gian Paolo Serino

Un altro artista avrebbe pubblicato le proprie memorie di impresario come un’autocelebrazione. Claudio Trotta - fondatore della “Barley Arts” e promoter di artisti come Springsteen, Bowie, Sting, Frank Zappa, Guns N’Roses, solo per citarne alcuni- ha deciso di raccontare i suoi primi “40 anni di musica dal vivo in Italia” con un libro che non trascura aneddoti “dietro le quinte” (come quando Springsteen si perse da solo per le strade di Milano deserta, dopo una cena a notte tarda), ma che racconta anche la Milano degli anni ’70, delle radio libere, delle prime tv commerciali, dell’amore e della passione per la musica, ereditata da un nonno impresario al Teatro Sociale di Como.

La poesia di un uomo

Tra queste pagine non c’è solo musica: dentro si legge e comprende un uomo e tutta la poesia di chi vuole essere (umano). È uno di quei rari libri che verrebbe voglia di andare sotto casa dell’autore e citofonargli per conoscerlo. In questo “memoir” trovate la vita di un uomo e di un manager che ha attraversato il tempo senza vendersi ai Poteri del tempo, il racconto di un corsaro che ha organizzato concerti di trasparenza in un mondo discografico dominato da pirati. “No pasta no show” - prossimamente sarà presentato proprio al Teatro Sociale di Como durante un evento in collaborazione con il nostro quotidiano - andrebbe adottato nelle scuole e nelle università per far comprendere come la passione possa far arrivare dovunque.

“No pasta no show” lascia a bocca aperta anche per la scrittura: ci sono passaggi intensissimi, di poesia pura, pagine di amore per gli artisti e per la musica, scritte lontano da quella prosa ombelicale che impicca molti dei più nostri più blasonati scrittori. Leggere “No pasta no show” (termine conosciuto agli addetti ai lavori, ma che lasciamo scoprire ai lettori) servirebbe anche a loro.

Lavoro e Bellezza

«Credo che lo scopo del lavoro», scrive Trotta, «sia quello di diffondere la Bellezza. Credo nella Bellezza e nel contagioso benessere che scaturisce da essa. Voglio contagiare ed essere contagiato dalla Bellezza, voglio sostenerla e promuoverla. Il concetto di Bellezza, a mio avviso, racchiude il senso del mio lavoro. Ci sono riuscito? Posso dire che ho quasi sempre fatto scelte indipendenti, spesso all’apparenza astruse, ma credo che in una società che ha perso fiducia nella politica sia un dovere essere “politici” nel proprio lavoro e che sia necessario privilegiare l’aspetto etico ed economico rispetto a quello finanziario. Adoravo e adoro il profumo della sfida, l’amore per la mancata adesione a modelli conformisti e banali di esistere e di resistere». Una lezione di vita che rende grande la letteratura. E la vita.

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