Green Day, opera in tre atti nel <21st Century Breakdown>
a.cavalcanti
Secondo l’autorevole magazine musicale americano, Rolling Stone, il disco in oggetto è ancora più ambizioso del precedente ed è un concentrato di ideali punk duri a morire. Stiamo parlando di "21 st Century Breakdown", il nuovo progetto ad ampio respiro realizzato dai Green Day cinque anni dopo le critiche agli eccessi dell’amministrazione Bush che stavano alla radice di "American idiot", campione di vendite su scala mondiale. Non sono poche le analogie con quel lavoro, a partire dall’idea di partenza. Per entrambi, infatti, si può parlare di "concept album" , una formula che la band statunitense è riuscita incredibilmente ad applicare al punk, sdoganandolo in una forma classica accessibile a tutti e ricca di ganci melodici, senza per questo perdere il gusto di graffiare con i temi e le parole. Si tratta di un’opera divisa in tre atti: "Heroes and Cons", Charlatans and Saints" e "Horseshoes and handgrenades", in cui si evidenzia uno scenario non certo roseo, testimoniato dagli occhi di una coppia di giovani innamorati che ne fotografa i drammi, le assurdità, i paradossi e le violenze fino ad arrivare alla stilla di speranza che sgorga timida dalla conclusiva "See the light". Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Trè Cool, qua prodotti dal fenomeno Butch Vig (colui che ha messo la firma su un disco epocale come "Nevermind" dei Nirvana, oltre ad aver fondato i Garbage) aggiungono un altro livello, l’ottavo, alla loro fortunata ascesa nell’Olimpo del rock, confermandosi come una delle band più ispirate ed influenti degli ultimi vent’anni. I californiani, che già prima della presentazione del disco avevano annunciato sonorità meno aggressive del solito, hanno mantenuto la promessa, pur conservando nell’attitudine, lo spirito che ha animato i primi passi del trio, e una coerenza di fondo non facilmente riscontrabile in altre vicende rock di pari levatura. Su tutto il lavoro aleggia il fantasma della crisi economica ed ideologica americana, e quindi mondiale, con tutti i suoi capitoli oscuri, le paure e i sogni infranti di una generazione, raccontati in brani dai titoli alquanto esplicativi, a partire dal singolo che impazza attualmente in radio e in video: "Know your enemy". Concetti che vengono approfonditi in pezzi come "Before the lobotomy", e nella beatlesiana (si, proprio così, ascoltare per credere) "Last night on earth", che chiude il primo atto. Titoli emblematici sono pure "Murder City" e "The Static Age". Di pregio il nervoso sviluppo in due movimenti di "American Eulogy", un cupo manifesto suddiviso in "Mass hysteria" e "Modern world", quasi una mini suite che non lascerà indifferenti i più accesi sostenitori della band e coloro che avevano apprezzato l’esperimento di "Jesus of Suburbia" . Un lustro dopo "American idiot", in mezzo solo la divertente operazione Foxboro Hot Tubs (gruppo misterioso, autore nel 2008 di un divertente progetto garage pop rock, dietro il quale si celavano gli stessi Green Day), ecco che il trio di ex adolescenti di Berkeley, capitanato da un lucido ed ispirato Billie Joe, sbarca nuovamente in classifica con tutta l’intenzione di lasciare il segno. Intanto, memori delle invenzioni scenografiche del tour di "American idiot", immortalate anche in un cd/dvd live, c’è da scommettere che il giro di concerti per promuovere questa vera e propria opera punk rock (in Italia a novembre) non sarà certo avaro di sorprese e soluzioni mirabolanti. Fabio Borghetti