Musica
Domenica 04 Marzo 2012
Miti: trent'anni fa
moriva John Belushi
Un decennio di travolgenti successi pagato con la dipendenza dalla droga e dall'alcool e la mesta conclusione di una carriera che in poco tempo aveva fatto di John Belushi la star della parodia e dell'umorismo americano negli anni Settanta
NEW YORK Era una bella serata californiana quella del 4 marzo 1982. Allo Chateau Marmont, albergo esclusivo di Los Angeles, c'era una festa con ospiti importanti, da Bob De Niro a Robin Williams e John Belushi ci andò dopo mille esitazioni. La ricostruzione della polizia attesta che aveva trascorso il pomeriggio alla ricerca di una chitarra nuova (in realtà comprò un pedale per la batteria) e di una provvista di cocaina. A notte alta, nel suo bungalow, in compagnia di una cantante con la stessa passione (Cathy Smith), l'attore si iniettò una dose di cocaina e nella prima mattina del 5 marzo fu trovato senza vita nel suo letto, vittima di un cattivo "taglio" e di un'overdose non voluta.
Fu un modo brusco e inatteso di calare il sipario su un decennio di travolgenti successi che aveva pagato con la dipendenza dalla droga e dall'alcool e la mesta conclusione di una carriera che in poco tempo aveva fatto di John Belushi la star della parodia e dell'umorismo americano negli anni Settanta.
Nato a Humboldt Park, il quartiere albanese di Chicago il 24 gennaio del 1949, John Adam Belushi era primogenito di Adam Anastos, immigrato di prima generazione che in pochi anni era riuscito ad aprire due ristoranti di proprietà e sposare Agnes, americana di seconda generazione. Timido ma socievole, studente coscienzioso, appassionato di football, John si fidanzò ad appena 15 anni con la sua futura moglie e conobbe i primi successi suonando la batteria in un piccolo gruppo amatoriale.
Ma scoprì invece il teatro e l'improvvisazione: salito su un palco per intrattenere gli amici, finì per ascoltare il suo professore di recitazione Don Payne che lo supplicava di fare un provino per lo Shawnee Summer Theater di Chicago. Dopo una sola audizione era già popolare, le sue imitazioni facevano il giro della città, in pochi mesi era una piccola star. Pur avendo sul tavolo un contratto per diventare allenatore di football, Belushi decise di continuare con il teatro e, nel clima infuocato delle rivolte studentesche degli anni Sessanta e della contestazione alla guerra in Vietnam, mise su una piccola compagnia (i West Compass Players).
Un anno dopo il trio viene selezionato dalla compagnia Second City e comincia a viaggiare tra gli Stati Uniti e il Canada. A Toronto incontra quello che diverrà il suo più grande amico, Dan Aykroyd, a Los Angeles cattura l'attenzione della National Lampoon con la sua imitazione di Joe Cocker. Anni dopo i due si esibiranno anche insieme in un duetto che ha fatto storia. Lo show "National Lampoon's Lemmings" diventa in breve una rivista di culto, la sua prosecuzione radiofonica impegna Belushi per tre anni finchè, nel 1975, trasloca alla Nbc per varare il rivoluzionario programma "Saturday Night Live". Con quasi 50 personaggi fissi, invenzioni e novità trasgressive, un gruppo di comici di punta di un'intera generazione, il SNL di John Belushi rivoluziona il linguaggio della tv americana.
Il cinema avrà Belushi protagonista solo otto volte e soltanto due dei suoi film faranno storia. A dirigerli è in entrambi i casi John Landis, di Chicago come lui, autore irripetibile a cavallo tra commedia e musica.
Il primo successo è "Animal House" del '78 in cui Belushi riprende una sua maschera degli anni di National Lampoon, lo studente svogliato John (Bluto) Blutarsky. Due anni dopo tocca ai "Blues Brothers" che attinge a piene mani a un'altra invenzione dell'attore: il duo musicale inventato insieme a Dan Aykroyd. Se la prima pellicola era stata un fenomeno di culto, la seconda è un successo planetario che spingerà Belushi a sfiancanti tournee musicali attraverso tutta l'America.
La dipendenza dalla cocaina è ormai un cappio al collo, i mille tentativi della moglie degli amici per spingerlo alla disintossicazione falliscono, i nuovi film interpretati lo deludono, compreso il surreale "1941" di Steven Spielberg nel '79. I racconti dal set parlano delle sue frequenti sbornie, così come diventano leggenda le liti con John G. Avildsen che lo dirigerà poi nella commedia nera "I vicini di casa" nel 1981. Minori sono il western comico "Goin' South" di Jack Nicholson e il romantico "Chiamami aquila" che il pubblico americano ha riscoperto grazie al fratello minore, Jim Belushi.
Resta il rimpianto dei progetti che aveva fatto con l'amico Aykroyd e che la morte bloccò sul nascere: aveva già firmato il contratto per "Ghostbusters" (il film ritardò di due anni e Bill Murray prese il suo posto) e stava collaborando alla sceneggiatura di "Una poltrona per due" (lo rimpiazzò Eddie Murphy), due fra i titoli più popolari della commedia Usa degli anni Ottanta.
A noi resta la formidabile apparizione dei "Blues Brothers": giacca e pantaloni neri, camicia bianca, occhiali neri e cappello in tinta. Dimesso e normale finchè sta fermo, scatenato come una vera rockstar appena comincia a suonare e cantare, leggero e ironico appena apre bocca.
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