Una provvida legge impedisce che il capo dell'attuale amministrazione, rimasto al vertice del comune per dieci anni, possa ricandidarsi. E' un bene per più motivi: il primo è che allontana dalla prossima consultazione elettorale il rischio che qualcuno la intenda come la sospirata occasione di "punire" l'arroganza di un personaggio che, in più di un'occasione, è apparso deciso a fare di tutto per rendersi impopolare (e peggio) presso i suoi concittadini. Insomma, è esclusa per fortuna la possibilità di vedere il voto come una sorta di "vendetta", secondo una concezione comprensibile, se si vuole, ma sbagliata e anche pericolosa. Malgrado tutto questo, è evidente che la coalizione, e il partito, che hanno espresso l'attuale sindaco, affronteranno il voto - quale che sia il loro prossimo candidato - con un pesante fardello sulla schiena. In teoria, questo dovrebbe automaticamente avvantaggiare le forze politiche che in questi anni sono rimaste all'opposizione, ma in concreto è difficile credere che andrà in questo modo.
Il giudizio largamente negativo che si percepisce in città sull'ultima esperienza amministrativa, infatti, appare talmente drastico da coinvolgere non soltanto chi ha governato, ma anche - in qualche misura - chi ha ricoperto il ruolo della minoranza, senza riuscire ad impedire i fallimenti, gli errori, le inadempienze, la mancanza di prospettiva che sono sotto gli occhi di tutti. Anche senza indulgere al catastrofismo (e ricordando le energie e le potenzialità esistenti, anche se inespresse) è diffusa l'impressione che Como, per responsabilità dell'intero ceto politico, sia stata spinta a un punto critico della sua storia, in bilico fra il colpo di reni che la può riportare a guardare avanti e la rassegnazione a un declino che ne farebbe una dorata casa di riposo per anziani benestanti. E' probabilmente proprio questa consapevolezza - quella in sostanza che non si va a votare per premiare o punire qualcuno, ma per garantirsi il miglior governo della città - che, se sufficientemente diffusa, come pare, eviterà il pericolo che pure esiste di un astensionismo di massa, alimentato soprattutto dagli elettori di centro destra, ampiamente delusi, che tuttavia non sono disposti a votare il centro sinistra.
In questo quadro, è insieme il rifiuto di una politica fallimentare e la convinzione che bisogna fare qualcosa perché la città inverta la sua rotta che alimentano le iniziative di quanti intendono proporre agli elettori liste sganciate da precisi riferimenti di partito. Quale sarà la fortuna di queste formazioni è difficile dirlo, anche pensando a recenti esperienze dello stesso tipo non particolarmente fortunate. Quel che è certo è che, per dare un futuro alla città, nel momento attuale occorrono capacità politiche intese nel senso più alto e più nobile del termine, e che assai difficilmente a raddrizzare la barca potrà bastare la buona volontà della "gente perbene".
Antonio Marino
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