Belfast, città dei giovani e della rinascita
dopo gli anni di sangue dei Troubles

In un pub della capitale hanno incorniciato alla parete due prime pagine del Belfast Telegraph con titoli a caratteri cubitali usciti nel 1998, anno del «deponiamo le armi e cessiamo il fuoco» tra cattolici e protestanti: “It's over” e “Peace at last”. E' finita, finalmente la pace. In questo proclama liberatorio c'è tutto il senso dell'Irlanda del Nord di oggi, della Belfast che cresce verso il domani.

«Lo spirito di questa città è cambiato. Prima, quando c'erano i Troubles (i disordini, gli attentati, lo stato di guerra civile), era una città morta: non si usciva la sera, dopo le sei non circolava anima viva. Solo soldati per strada – racconta Liz, la nostra guida irlandese -. La gente aveva paura. Lavoravano pochissimi ristoranti e poche caffetterie. Ci si sentiva tagliati fuori. Era dura avere fiducia, coltivare speranze. Erano tutti più poveri. Ora si respira la libertà. Tutto si è rimesso in moto». La recessione colpisce anche a Belfast «ma lo sviluppo procede».

La pace di dodici anni fa - rafforzata dalla stretta di mano e dall'insediamento alla Parliament House di Stormont (a 8 chilometri dal centro) del reverendo Ian Paisley, leader protestante del Partito democratico unionista (Dup), e di Martin McGuinness, deputato cattolico del Sinn Féin, rispettivamente come primo ministro e vice primo ministro, l'8 maggio 2007 – ha spalancato le porte ai fondi europei e a copiosi investimenti. Ha portato l'agognato benessere. Ce ne accorgiamo dalla voglia di divertirsi durante il tour dei pub, prima e dopo cena. Lo vediamo nella costruzione del modernissimo Titanic Quarter, nell'imponenza dei centri commerciali. E nelle vie dei murales a ridosso della Peace Line (il muro che divideva la comunità cattolica da quella protestante) si può circolare, e fotografare, senza pericolo.

Dalle bombe alle “bambole”
Che indugi sulla soglia o entri a bere una birra, è difficile non attaccar bottone con gli irlandesi che vanno al pub. Anzi, con le irlandesi. Perché qui all'happy hour e dopo il tramonto è un brulicare di ragazze e giovani donne. Sorridenti, spiritose. Qualcuna che ha bevuto una pinta di troppo magari un po' caciarona. Molte, moltissime carine. Con uno spiccato senso della femminilità: tacchi alti, top e abitini succinti, nasini perfetti e pettinature alla moda, ti sventolano in faccia la bella stagione. E ti vien voglia di tuffarti in quel fiume in piena. Poi torni in albergo che hai il torcicollo.

Ma non fatevi abbagliare dal riflesso frivolo della loro voglia di vivere. Provate a immaginare che sui loro destini si sia posata la farfalla che vola sul volto raggiante di Annette McGavigan, raffigurata nel murales “The Death of Innocence” che a Derry (la città della Domenica di sangue cantata dagli U2 in “Sunday Bloody Sunday”) rende omaggio alla studentessa quattordicenne uccisa in uno scontro a fuoco tra l'Ira e l'esercito inglese il 6 settembre 1971. Quella farfalla rappresenta la rinascita. La loro gioia è quella che Annette non ha potuto vivere negli anni dei Troubles. Come ogni fenomeno di reazione è amplificata. Ma l'innocenza, quella sì, è perduta. Non solo a Belfast, in tutto l'Occidente.

Pub storici e cucina prelibata
Intanto, tra pub, bar e locande del centro camminiamo nella storia: Crown Liquor Saloon, in Great Victoria Street, XIX secolo, vittoriano, con i campanelli che permettevano ai clienti di ordinare senza alzarsi; Bittles Bar, all'angolo di Victoria Street, stessa epoca, già frequentato da James Joyce, Oscar Wilde, George Bernard Shaw e poi da Van Morrison e dal mitico calciatore George Best, cui è intitolato l'aeroporto di Belfast; Morning Star, in Pottinger's Entry (1810), fu ristoro dei marinai e posta per il cambio dei cavalli (vicino, guarda caso, oggi c'è una sala corse e i clienti più assidui del locale sono gli scommettitori); White's Tavern, il più antico (1630), in Wine Cellar Entry, dove suonano folk dal vivo; Kelly's Cellars (1720), in Bank Street, pieno di cimeli, ti accoglie con la scritta in gaelico «Céad míle fáite», centomila benvenuti; Mc'Hugh's, in Queen's Square; John Hewitt (intitolato all'omonimo poeta, 1907-1987: a Belfast diversi locali portano il nome di letterati, artisti e musicisti), in Donegall Street, dove mangiamo, facendo così onore a quello che è stato eletto miglior gastropub del 2010.

Piccola, dovuta parentesi, sulla cucina irlandese: squisita, ci hanno trattato da re (addirittura da James Street South, nell'omoniva via, ci hanno servito le prelibatezze di Niall McKenna, lo chef già chiamato a corte da Carlo d'Inghilterra e Camilla Parker Bowles). Zuppe di pesce, di verdura o di cereali. Salmone, nasello, rombo e altro pescato. Cozze e ostriche (a Hillsborough ci fanno pure un festival). Filetto, agnello, anatra, coniglio, vellutati puré di patate. Pane di cereali e la bap, la pagnotta soffice di Belfast. Ma anche le scones, focaccine da imburrare, e una buona varietà di formaggi.

Il Titanic, una leggenda che non affonda mai
I grandi centri dello shopping sono la prova tangibile dell'accresciuta capacità di spesa del popolo irlandese. Castle Court Centre, in Royal Ave, e Victoria Square, tra Ann Street e Chichester Street, rappresentano i pesi massimi. Ma c'è di tutto, ovviamente anche music store (e ci mancherebbe nella patria della musica). Ci permettiamo di segnalare alle gentili e spendaccione signore Avoca, in Arthur Street, grande boutique di accessori femminili, gioielleria e prodotti tessili, dagli abiti a ciò che serve per la casa: tutto rigorosamente e orgogliosamente made in Ireland, fra tradizione e tendenza.

Ma è giù, vicino ai cantieri navali Harland & Wolff di East Belfast con le loro due gigantesche gru gialle chiamate Sansone e Golia, che sta sorgendo la città del futuro, quel Titanic Quarter, su Queen's Island, dedicato alla nave più conosciuta della storia e più celebrata dalla letteratura e dal cinema, fabbricata in questo porto tra il 1909 e il 1912 e affondata nel viaggio inaugurale a causa della collisione con un iceberg. «Eppure - continuano a sostenere gli irlandesi – quando salpò da Belfast era tutto in ordine. Non è colpa nostra se chi era al timone (un inglese, il capitano Edward J. Smith) l'ha portata al disastro».

Oggi le gru all'opera sono quelle che stanno costruendo il nuovo quartiere: si parla di un investimento da sette miliardi di sterline e di quindici anni di lavori per nuovi edifici nell'area portuale che era rimasta abbandonata. Nel 2012 dovrà essere pronto il museo del Titanic, a forma di transatlantico, per festeggiare degnamente il centenario di un mito che continua a generare lavoro e intrattenimento: il colosso del mare, frutto della più avanzata tecnologia dell'epoca, colò a picco ma la sua leggenda naviga ancora a 25 nodi. Un po' in battello, lungo il River Lagan, un po' a piedi abbiamo visitato il bacino di carenaggio del Titanic. Nelle vicinanze gli uffici dove fu progettato.

Le vie dei murales che ricordano i Troubles
L'attrazione più richiesta dai turisti che arrivano a Belfast è comprensibilmente quella dei murales della guerra civile tra cattolici e protestanti. Un libro di storia illustrato e aperto al di qua della Peace Line, lungo le cattoliche Divis Street e Falls Road, e al di là, lungo le protestanti Cupar Way e Shankill Road, fin oltre il River Lagan in Newtownards Road.

Bellissimi in Divis Street i dipinti repubblicani che sul Solidarity Wall esprimono solidarietà nei confronti dei popoli palestinese, basco e curdo. In Falls Road ci guarda il viso sorridente di Bobby Sands, attivista dell'Ira e scrittore morto nel 1981 in seguito allo sciopero della fame nella prigione di Long Kesh, chiamata Maze, vicino a Lisburn.

Sull'altro fronte, in Shankill Road, l'Union Jack la fa da padrona. In tutto il quartiere immagini della regina Elisabetta, ma i lealisti ricordano anche il condottiero Oliver Cromwell (1599-1658) e Guglielmo III d'Orange, vincitore della battaglia sulle rive del fiume Boyne, l'1 luglio 1690: un successo strategico che assicurò all'Inghilterra il pieno dominio sull'Irlanda. E si può capire quanto affondino nei secoli rivalità e odio tra i due popoli. In Newtownards Road, secondo il taglio più aggressivo e militaresco dei murales protestanti, volti incappucciati, mitra e la mano rossa, simbolo ricorrente degli Ulster Freedom Fighters (Uff).

E molto altro da vedere

Belfast mostra anche altre facce della sua storia. Non ci soffermiamo ma suggeriamo: Cathedral Quarter, con St Anne's Cathedral in romanico irlandese (terminata solo nel 1981); St George's Market; Queen's University; Botanic Gardens; Ulster Museum; Belfast Castle; Belfast Zoo.

Andrea Benigni

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Documenti allegati
Eco di Bergamo Belfast, una città rinata