La stazione, Jungfraujoch, permette di affacciarsi sull'enorme ghiacciaio dell'Aletsch, il più lungo delle Alpi, che oggi raggiunge i 22 chilometri. Sopra la stazione è stato costruito negli anni un laboratorio di ricerca, con una cupola per le osservazioni astronomiche e infine è stata realizzata una terrazza aperta ai turisti, inaugurata nel 1996.
Ma a chi è venuta l'idea di arrivare in treno fin quassù? E come è stato possibile realizzare un'opera così grandiosa, a cavallo tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX? Sono serviti intuizione, capacità visionaria, coraggio, fatica, sacrificio e naturalmente tanti soldi. Intuizione e capacità visionaria sono quelle dal “papà” della Jungfraubahn, l'industriale svizzero Adolf Guyer-Zeller, originario di Zurigo. Nel 1893 si era recato in gita nella zona della Jungfrau, già rinomata per la bellezza e per le sfide alpinistiche che proponeva.
Già in quegli anni erano molti i turisti, internazionali, che vi arrivavano. Esisteva anche da tempo una ferrovia che portava proprio ai piedi dell'Eiger, di fronte alla spettacolare e terribile parete Nord, a Kleine Scheidegg. Guyer-Zeller pensò allora di costruire una ferrovia di montagna che permettesse ai turisti di arrivare alla cima della Jungfrau. Un'idea che piacque agli abitanti del territorio, i quali già capivano l'importanza del turismo per la loro regione. Il progetto immaginava un percorso in galleria, sotto l'Eiger e il Monch, con due stazioni intermedie per poter osservare il paesaggio dal cuore della montagna, attraverso delle aperture provocate apposta.
Il progetto ottiene il via libera il 21 dicembre 1894 e il 27 luglio 1896 iniziano i lavori. E qui è storia di coraggio, fatica e sacrificio. Sono cento gli operai che si mettono all'opera. Sono italiani, molti bresciani e bergamaschi, considerati mano d'opera specializzata, esperti d'esplosivi. Molti lasceranno la vita nelle gallerie sotto la montagna, dove si dipana la maggior parte del percorso, circa 7,5 km, sui 9,3 complessivi di binario a scartamento metrico, con una cremagliera del tipo Strub data la pendenza che raggiunge il 250 per mille.
Coraggio, fatica e sacrificio si intuiscono immediatamente, andando ancora oggi alla Jungfraujoch, passando col treno nello stretto tunnel e affacciandosi alle vetrate mozzafiato sulla montagna: metri, chilometri di tracciato strappati alla roccia, con pala e piccone e col tuono delle mine, la precarietà della sopravvivenza in condizioni estreme di freddo e isolamento. Anni di lavoro, intervallati dalle inaugurazioni delle tappe intermedie, con tanto di viaggi turistici, che pure servivano a finanziare i lavori in corso. Ecco, i soldi: sono serviti 16 milioni di franchi svizzeri, alla fine il doppio di quanto preventivato.
La paga giornaliera di un operaio, alla fine dell'Ottocento, era di 4,60 franchi e ci sono stati anche degli scioperi durante i lavori, con conseguenti licenziamenti. Per due anni i lavori sono stati sospesi per problemi finanziari e tutti gli operai licenziati. Alla fine, però, la galleria è stata terminata e l'ultima perforazione è avvenuta il 21 febbraio 1912. Il primo agosto successivo, l'inaugurazione della stazione. Il sogno si era realizzato, anche se proprio il suo ideatore, Guyer-Zeller non potè vederlo: una polmonite lo aveva ucciso poco dopo l'inizio dei lavori, nel 1899.
Da allora a oggi il flusso di turisti non si è mai interrotto e chi ha preso almeno una volta il trenino che porta a Jungfraujoch ricorda un'esperienza davvero unica. Oggi si può visitare e fare shopping nella terrazza della Sphinx, percorrere i tunnel scavati nel ghiaccio e il circuito in galleria che presenta storia e sviluppo turistico della Jungfraubahn. Senza dimenticare lo spettacolare affaccio all'aria aperta, sulla neve del ghiacciaio dell'Aletsch, con lo sguardo che si perde tra le cime o lungo la maestosa distesa di ghiaccio, profonda anche 900 metri, che disegna un serpentone lungo chilometri.
Curiosa anche l'iniziativa messa in atto per il centenario: i visitatori potranno avere il Passaporto del giubileo Jungfraubahn, un librettino con i dati essenziali sulla storia della ferrovia, che è possibile timbrare alla Jungfraujoch-Top of Europe, a certificare il passaggio. Per facilitare le visite dei turisti, la regione della Jungfrau ha predisposto anche un apposito comodo pass (Jungfrau centenary pass) che permette di utilizzare per tre giorni di fila e in modo illimitato le diverse linee ferroviarie della regione della Jungfrau (con stazioni come Interlaken, Grindelwald, Lauterbrunner, Wengen… in zone dove le auto non possono circolare) comprendendo anche un viaggio (uno solo) fino a Jungfraujoch. Il pass è in vendita fino al 21 ottobre e costa 225 Franchi, 70 per bambini e ragazzi dai 6 agli 15 anni (gratis con la Junior card).
A Wengen, a “casa Italia”.
La rinomata stazione invernale è uno dei punti di partenza per Junfraujoch. Qui le auto non transitano e vi si può arrivare solo con treno, dalla stazione di Lauterbrunnen, a fondo valle. Wengen è famosa in particolare per la Coppa del mondo di sci, che proprio qui celebra una delle discese più affascinanti e impegnative: il Lauberhorn, teatro di memorabili imprese sportive che hanno visto protagonisti i discesisti italiani, con Christian Ghedina tuttora detentore del record della pista.
Ebbene, a Wengen c'è una “casa Italia”, dove ogni anno si ferma la nazionale italiana di sci: è lo storico Hotel Falken, le cui origini risalgono a fine Ottocento e che regala tutt'oggi atmosfere affascinanti, rese possibili anche dalla cura dei locali e dei particolari storici, pur passati attraverso diversi rifacimenti nella lunga storia dell'Hotel. Ci si sente a casa grazie allo stile di accoglienza della proprietaria, Sina Cova, di famiglia italiana, e insieme immersi in una cultura alpina internazionale, signorile. Il fratello di Sina, Andrea Cova, scomparso a soli 51 anni nel 2000, è stato un instancabile promotore della regione della Jungfrau, sostenendone il riconoscimento come Patrimonio mondiale dell'Unesco, arrivato finalmente nel 2001.
Alberto Campoleoni
© RIPRODUZIONE RISERVATA