«Poche strutture ospedaliere in Italia possono contare su un team per risolvere le malattie cardiovascolari (cardiologo clinico, cardiologo interventista, cardiochirurgo, chirurgo vascolare, anestesista, radiologo) combinando l'approccio chirurgico a quello endovascolare, partendo da una strategia pensata e ragionata insieme per trovare la migliore cura per il paziente» dice Giampiero Esposito. Un esempio traduce le parole in fatti.
«Una persona manifesta saltuariamente dolori toracici - spiega il dottor Esposito -. Il suo medico gli suggerisce una visita dal cardiologo che lo sottopone a un'ecocardiografia che evidenzia l'aorta ascendente dilatata. Si fanno quindi indagini più accurate come una Tac del torace; supponiamo che la Tac evidenzi una mega aorta, una situazione in cui l'intero asse aortico è dilatato con gravi rischio di rottura. A questo punto l'indicazione è chirurgica; ecco quindi che entrano in campo l'anestesista che interpella il paziente per sapere se ha patologie particolari concomitanti (problemi renali o respiratori), il cardiochirurgo che eseguirà il primo intervento e il chirurgo vascolare che, con il cardiologo interventista, progetterà l'intervento endovascolare finale. Esaminare il caso del paziente insieme sin dall'inizio, permette di pianificare una procedura per agire complessivamente sul problema specifico».
All'aorta il dottor Giampiero Esposito ha dedicato in questi anni attenzione, studio e ricerca. «Le principali malattie che colpiscono l'aorta sono gli aneurismi dell'aorta toracica e addominale, malattie degenerative e talvolta legate a malattie genetiche (come la Sindrome di Marfan) - aggiunge il responsabile dell'Unità operativa di Cardiochirurgia di Humanitas Gavazzeni -. Oggi intervenendo prima sul cuore, dal punto in cui nasce l'aorta ascendente, possiamo poi trattare la restante aorta patologica, quella toracica e addominale, per via endovascolare, quindi senza chirurgia. Con l'endoprotesi possiamo riparare un'aorta di grande lunghezza e diametro con interventi di ridotta invasività».
E ricercando soluzioni per riparare l'aorta, ha brevettato un'innovativa protesi vascolare per trattare le patologie dell'aorta toracica e toraco-addominale con un approccio chirurgico prima, ed endovascolare poi. Si chiama "Lupiae" e rende omaggio al nome romano di Lecce (città di origine del dottor Esposito): nello stemma spicca un albero il quale, con la sua triforcazione, è simile alla protesi principale da cui nascono gli altri rami.
«La patologia aneurismatica dell'aorta toracica è stata finora trattata con un doppio intervento chirurgico, prima sull'aorta ascendente e poi discendente con alto rischio per il paziente - spiega Esposito -. Con questa tecnica ibrida riusciamo a ridurre al minimo l'utilizzo della circolazione extracorporea e, quindi, trattiamo la restante aorta patologica con una procedura endovascolare che riduce al minimo i rischi con risultati positivi».
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