La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nutritional Neuroscience. Un gruppo di ricerca guidato dal bergamasco Giulio Maria Pasinetti, docente di Neurologia e Psichiatria al Mount Sinai, ha esplorato se l'aggiunta al regime dietetico di una soluzione standardizzata di «decaffeinato» prima dell'insorgenza del diabete potesse migliorare la resistenza all'insulina nei topi con diabete di tipo 2. I ricercatori hanno somministrato il caffè per 5 mesi ai ratti e valutato la risposta genetica nel cervello degli animali. Hanno così scoperto che il cervello diventava in grado di metabolizzare il glucosio in modo più efficace e utilizzarlo per produrre energia cellulare. L'utilizzazione del glucosio, infatti, si riduce nelle persone con diabete di tipo 2, causando spesso problemi neurocognitivi.
«Il metabolismo energetico alterato nel cervello è noto per essere strettamente correlato con il declino cognitivo durante l'invecchiamento e nei soggetti ad alto rischio di sviluppare patologie neurodegenerative - dice Pasinetti -. Il nostro è il primo studio che mostra i potenziali benefici del decaffeinato sia per prevenire e curare il declino cognitivo causato dal diabete di tipo 2 e dall'invecchiamento sia per contrastare l'insorgere delle malattie neurodegenerative».
L'assunzione di caffè non è raccomandata, perchè associata a rischi per la salute cardiovascolare come il colesterolo nel sangue e la pressione sanguigna, che portano ad un aumentato rischio di malattie cardiache, ictus, e morte prematura. Questi effetti negativi sono stati attribuiti principalmente però all'alto contenuto di caffeina. Queste nuove scoperte sono la prova che alcuni dei componenti nel caffè decaffeinato forniscono veri benefici per la salute.
«Adesso - ha concluso Pasinetti - speriamo di esplorare il ruolo preventivo del caffè decaffeinato come integratore alimentare negli esseri umani».
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