Una nuova ricerca, coordinata dal Prof. Gary Schwartz della Yeshiva University di New York, avrebbe identificato il sensore molecolare ipotalamico nella thioredoxin-interacting protein (TXNIP), una proteina nota per regolare l'assunzione di glucosio nelle cellule muscolari, ma le cui funzioni a livello cerebrale erano fino ad ora sconosciute. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Journal of Neuroscience, hanno dimostrato il coinvolgimento di questa proteina nella genesi delle disfunzioni energetiche cellulari. Nei topi sani infatti la proteina TXNIP è espressa nei neuroni di alcuni nuclei dell'ipotalamo, che sono in grado di rispondere ai segnali ormonali e nutritivi e di regolare il metabolismo del tessuto adiposo, il consumo di energia e l'omeostasi del glucosio. Nei modelli animali in cui sono state riprodotte condizioni di obesità e diabete, l'ingestione di cibo in eccesso produce invece un incremento incontrollato dell'espressione della proteina TXNIP, responsabile dell'accumulo di grasso corporeo, dell'iperglicemia e dell'insulino-resistenza, condizioni che favoriscono l'insorgenza del diabete di tipo 2.
“Questo studio rivela che la proteina TXNIP espressa nei neuroni ipotalamici rappresenta la connessione tra le aree cerebrali preposte alla percezione delle sostanze nutritive e l'incremento di peso corporeo e massa grassa, condizioni che portano allo sviluppo dell'obesità e del diabete“, ha spiegato il Prof. Schwartz. “L'iperglicemia produce un eccesso di TXNIP nei neuroni ipotalamici; a sua volta, la proteina contribuisce alla dissoluzione dell'omeostasi energetica alterando il rapporto tra calorie introdotte e calorie consumate. L'eccesso di TXNIP riduce il consumo di energia perchè diminuisce il normale svolgimento dell'attività fisica e riduce la capacità dell'organismo di bruciare grassi allo scopo di produrre energia. Inoltre, a seguito dell'incremento della massa grassa causato dall'eccesso di TXNIP, si osserva un'alterazione della tolleranza al glucosio e della sensibilità all'insulina, due condizioni coinvolte nell'eziopatogenesi del diabete”.
Il diabete mellito ha ormai assunto proporzioni epidemiche: nel mondo ne sono affetti oltre 246 milioni di persone, un numero destinato a crescere fino a 380 milioni, secondo le stime fatte per prossimi vent'anni. La forma clinica più frequente, il diabete di tipo 2, è caratterizzata da una risposta inadeguata all'insulina. Nei soggetti sani, questo ormone, rilasciato dal pancreas in seguito ad elevati livelli di glucosio come si verifica dopo un pasto, induce le cellule muscolari, adipose ed epatiche a introdurre lo zucchero, utilizzato poi per produrre energia. Nei soggetti diabetici, l'insulino-resistenza impedisce questo meccanismo provocando una condizione di iperglicemia, che aumenta il rischio di complicanze a livello cardiaco e renale.
L'obesità rappresenta il più importante fattore di rischio per l'insulino-resistenza negli stati prediabetici. La comprensione delle diverse tappe attraverso cui sono regolati i livelli di glucosio è necessaria per identificare eventuali bersagli farmacologici. Lo studio di Schwartz e dei suoi collaboratori mostra per la prima volta il ruolo della proteina TXNIP nella regolazione dell'omeostasi del glucosio a livello centrale. Interventi in grado di inattivare in maniera selettiva la proteina, oppure di modularne l'attività, potrebbero quindi contribuire a prevenire l'insorgenza dell'obesità e del diabete di tipo 2.
Marina Ferrario
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