Salute
Venerdì 29 Aprile 2011
Più allergici, colpa di smog e pm10
«Così diventa malattia sociale»
Le patologie allergiche come vere e proprie malattie sociali. Ad affermarlo è Giorgio Massarotti, direttore scientifico del centro di allergologia clinica degli Istituti clinici Zucchi di Monza. Anche per l'aumento innescato dal degrado urbano.
Responsabili di starnuti e disturbi sono i pollini di erbe e piante che in queste settimane, con l'innalzarsi delle temperature, iniziano la fioritura. «Nel corso degli anni abbiamo notato un incremento costante e quasi irrefrenabile del numero dei soggetti sensibilizzati - ha spiegato Massarotti sul sito internet degli Istituti -. Inoltre è evidente un anticipo dell'insorgenza della sintomatologia apparentemente non coincidente con la stagionalità». Al primo posto tra i pollini più fastidiosi sono certamente le graminacee, ma anche la parietaria e l'ambrosia, i cui effetti si fanno sentire fino all'autunno inoltrato. Senza dimenticare gli acari, la cui presenza è registrata in ogni momento dell'anno, soprattutto negli ambienti caratterizzati da un clima temperato umido. Non sono però solo erbe e pollini e polvere a provocare fastidiose irritazioni nei soggetti sensibili. Sempre più sono gli elementi inquinanti a causare l'infiammazione delle mucose delle vie respiratorie, facilitando in questo modo la penetrazione di molecole allergeniche che causano la sensibilizzazione allergica.
«Non possiamo non considerare prima di tutto il degrado urbano e l'incremento delle polveri sottili nell'ambiente e poi la presenza nell'aria di gas come l'ozono, il biossido di azoto e di zolfo - continua il direttore del centro di allergologia -. A questo si aggiunge anche il preoccupante aumento delle temperature, soprattutto nell'area mediterranea, che ha causato nel tempo un evidente cambiamento biologico nel mondo vegetale e l'anticipo dei tempi di impollinazione di molte specie erbacee e arboree responsabili delle patologie allergiche». Una “malattia sociale”, dunque, che provoca ogni anno «un aumento dei costi non solo monetari ma anche e soprattutto sociali», precisa lo specialista. Una visita accurata ed esami specifici sono il primo passo per poter approntare una cura efficace. Il trattamento solitamente seguito è la desensibilizzazione specifica, che consiste nella somministrazione di un vaccino proposto ai pazienti con varie modalità, dalla terapia orale a quella sottocutanea, dalla intradermica alla pre o costagionale. «Laddove non è possibile una terapia di questo tipo si deve ricorrere all'uso di antistaminici. Fondamentale è comunque la prevenzione della sensibilizzazione - conclude Massarotti - con un'eventuale bonifica ambientale e il cambiamento di alcuni stili di vita dannosi, a partire dal fumo».
Sarah Valtolina
© RIPRODUZIONE RISERVATA