Un monito, quello di lavorare in concerto, sottolineato anche dall'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani in apertura dei lavori.
Nello spazio messo a disposizione dalla Regione nel Palazzo Lombardia, allo stesso tavolo si sono riuniti i rappresentanti delle fondazioni dedicate alla prevenzione cardiovascolare di Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Grecia che si sono confrontati con scienziati, economisti, esperti di comunicazione, rappresentanti dei consumatori, dell'industria alimentare, del Provveditorato agli Studi e del Ministero dell'istruzione MIUR con l'obiettivo comune di proporre progetti concreti mirati a incentivare nella popolazione scelte di stile di vita corrette e dei quali si possano misurare i risultati.
L'obiettivo è molto ambizioso ed è coerente con la Dichiarazione di San Valentino, sottoscritta a Bruxelles il 14 febbraio dell'anno 2000 da tutti i responsabili della salute del mondo: "Ogni bambino nato nell'anno 2000 ha il diritto di vivere almeno fino a 65 anni senza incorrere in malattie cardiovascolari evitabili"
Le malattie cardiovascolari sono evitabili almeno in un terzo dei casi se si adotta fin dalla più tenera età uno stile di vita corretto. La strategia? Un lavoro di squadra di Governi, Associazioni e mondo dell'impresa a sostegno di una vita più sana.
Quello del 25 giugnio è stato un momento di collaborazione costruttiva fra coloro che possono, con le proprie scelte, incidere profondamente sulla salute dei cittadini, partendo dal principio che ognuno deve trasformare alimentazione corretta per qualità e quantità e attività fisica quotidiana in potenti alleati per mantenere la salute e prevenire le malattie cardiovascolari, principale causa di morte e di disabilità in Europa, e non solo nel nostro continente.
Prevenire le malattie cardiovascolari è possibile: almeno una persona su tre potrebbe non essere colpita.
I fattori di rischio che aumentano la probabilità di andare incontro a infarto, ictus, embolia, trombosi arteriose o venose sono ben noti: pressione alta, obesità, ipercolesterolemia, diabete, alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi saturi, fumo e sedentarietà.
Studi epidemiologici recenti hanno confermato che la riduzione di questi fattori di rischio si correla con un aumento dell'aspettativa di vita di circa 5 anni. Un impatto enorme, se si considera che in Europa 43 uomini su 100 e 54 donne su 100 perdono la vita per colpa di infarto, ictus ed embolia fatali o gravemente invalidanti. Prendere coscienza della possibilità di evitare le malattie cardiovascolari e intraprendere azioni concrete per modificare i fattori di rischio e lo stile di vita potrebbe aiutare anche a ridurre i costi sociali di queste malattie: nel 2008 110 miliardi di euro in cure mediche e 82 miliardi di euro in perdita di produttività è stato il costo di queste malattie per l'Europa.
Cifre impressionanti e non più sostenibili da nessun Paese, in un' Europa che alza l'età pensionabile per poter finanziare gli schemi assistenziali e pensionistici, e dove molte persone sono già disabili prima di arrivare alla pensione.
"... Passare dal concetto di costo per la sanità a quello d'investimento per la salute - dice il professor Francesco Saverio Mennini del CEIS Sanità Facoltà di Economia, dell'Università "Tor Vergata" di Roma e della Kingston Business School, Kingston University, London, UK - è oggi sempre più richiesto ai decisori sulla sanità. Ma le barriere che impediscono questo passaggio sono molte: infatti, per arrivare ad una protezione globale della salute è necessario superare diseguaglianze sociali, di organizzazione economica, e di genere, per esempio. E' difficile fare comprendere come la prevenzione per esempio delle malattie cardiovascolari deve iniziare dall'infanzia quando il ritorno dell'investimento si apprezza nella quarta-quinta decade di vita. Eppure la crescita di diabete e obesità già nell'età giovane dovrebbe allarmare chi gestisce la sanità. Il peso economico di una dieta scorretta e della inattività fisica è elevato, per esempio negli USA raggiunge l'11% dei costi sanitari. L'investimento nella salute porta a ridurre la disabilità e quindi minore perdita di produttività, a ridurre i costi delle cure per le malattie prevenibili, ad aumentare il valore della ricerca e dell'industria sanitaria, e soprattutto a promuovere la responsabilità del cittadino nel proteggere il proprio patrimonio di salute".
"Da 25 anni ALT lotta per salvare almeno un terzo delle persone destinate ad essere colpite da malattie cardio e cerebrovascolari da Trombosi: purtroppo è triste constatare che l'evoluzione del nostro stile di vita non ci sta aiutando - ha commentato Lidia Rota Vender, Presidente di ALT -. E' sempre più facile per tutti noi alimentarci in modo poco equilibrato, con cibi conservati, troppo ricchi di sale e di grassi nocivi, in porzioni troppo grandi, e muoverci troppo spesso con i mezzi di trasporto e troppo poco a piedi o in bicicletta. Infarto, ictus embolia possono essere prevenute con scelte quotidiane semplici, che possono trasformare una prospettiva di vita breve e sgradevole in una lunga e di buona qualità, a qualunque età. Questo può avvenire grazie al lavoro delle associazioni, e dei medici, ma la svolta sarà determinata solo dalla collaborazione fra i Governi che dovranno legiferare in modo da facilitare l'accesso dei cittadini a stili di vita intelligenti, le Aziende produttrici di alimentari, che potranno, se vogliono, modificare la qualità dei prodotti, e le Istituzioni, che saranno determinanti nel creare un'onda positiva di sensibilità e di scelte intelligenti. E' in gioco la salute di tutti noi, dei nostri figli, del nostro Stato e della nostra società."
Negli ultimi decenni sono stati fatti importanti passi avanti nella cura delle malattie cardiovascolari: si muore meno, è vero, ma ci si ammala di più. Il quadro attuale in Europa è drammatico e minacciato da una prevalenza preoccupante dell'obesità: l'aspettativa di vita nei diversi Paesi dell'Europa varia anche di 20 anni.
"Le malattie cardiovascolari (come infarto del miocardio e ictus) da anni sono la prima causa di morte non solo nei nostri paesi - ha spiegato la professoressa Elena Tremoli, Direttore Scientifico del Centro Cardiologico Monzino e Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore. Per molti anni la crescita del benessere nella nostra società è stata accompagnata da un crescente malessere di salute che si è caratterizzato in aumento infrenabile di malattie come l'aterosclerosi e quindi delle malattie coronariche, aortiche e carotidee, e di quelle patologie come diabete e obesità che fortemente sono legate alle malattie di cuore e vasi. L'aterosclerosi precede di anni l'evento improvviso come infarto o ictus, quando la placca ateromasica si destabilizza con la formazione del trombo: prima, per anni, anche decenni, rimane silente e il soggetto è apparentemente sano. Questo significa che non si deve aspettare l'evento terminale, ma è necessario riconoscere, l'inizio e l'evoluzione della lesione vasale e intervenire sui fattori di rischio. Da anni si conoscono i principali fattori di rischio che da soli o in associazione portano alle malattie dei vasi e del cuore: l'aumento del colesterolo nel sangue, il fumo, l'ipertensione, il diabete, l'obesità, l'alimentazione scorretta, la sedentarietà, per non dimenticare alcuni fattori sociali e l'inquinamento atmosferico. I grandi studi hanno confermato che la riduzione di questi fattori riduce la mortalità e le sofferenze delle persone. Negli ultimi 20-30 anni, infatti, in alcuni paesi si è osservata una riduzione della mortalità cardiovascolare e questo è stato riconosciuto essere dovuto per metà al miglioramento degli interventi sanitari sui pazienti con infarto o ictus, e per l'altra metà all'efficace lotta nei confronti dell'ipercolesterolemia, ipertensione, tabacco, cattiva alimentazione e sedentarietà. Di qui l'estrema importanza di concentrare sulla dieta e sull'attività fisica non solo gli studi e le raccomandazioni, ma soprattutto le politiche di intervento di prevenzione a tutti i livelli della società. Alimentazione corretta e attività fisica sono oggi fra i pochi strumenti che il medico e la società ha per frenare la crescita drammatica di diabete ed obesità, che riguarda non solo gli adulti e gli anziani, ma sempre più i giovani. Questo significa che già nell'infanzia si costruisce l'educazione alla alimentazione alla attività fisica. Questo è lo scenario in cui si pone il messaggio del Workshop. C'è da domandarsi perché, di fronte a tante evidenze ancora non vi sia difficoltà nel trasmettere alla singola persona un semplice messaggio, quale quello dell'importanza di scegliere in modo consapevole una alimentazione corretta e una attività fisica adeguata. Un' alimentazione e una attività fisica come quella indicata dal progetto e dal documento di EHN, sono lo strumento per aiutare i paesi a aumentare ogni impegno per arrivare ad una comunicazione efficace che colpisca l'individuo fin dalle prime età. Se non si riesce a raggiungere tale obiettivo le molti e lodevoli iniziative di governi e istituzioni sono a volte non efficaci, perché si scontrano con l'indifferenza generale. Questa è la sfida dei prossimi anni, e questo il messaggio che tutti dobbiamo portare a casa dal Workshop".
Ma esistono obiettivi raggiungibili o dobbiamo continuare genericamente a sbandierare la necessità di mangiare meno e meglio e muoverci di più? Uno studio coordinato da ricercatori dell'Università di Oxford e sviluppato da venti esperti europei è stato recentemente pubblicato da EHN- European Heart Network: il documento contiene non solo gli obiettivi a medio e a lungo termine per quanto riguarda il consumo di cibi in termini di qualità e quantità, ma anche per quanto riguarda il tipo e l'intensità dell'attività fisica necessaria, secondo studi epidemiologici severi, per raggiungere un livello di stile di vita sano. Il documento contiene anche indicazioni circa le azioni politiche da intraprendere per arrivare ad una prevenzione responsabile delle malattie cardiovascolari almeno attraverso il corretto consumo di cibo e l'attività fisica.
Alle aziende si chiede di rivedere la formulazione dei prodotti per ridurre il contenuto di sale, grassi saturi e zuccheri, di ridimensionare le porzioni e di fornire informazioni corrette e comprensibili circa la qualità nutrizionale dei cibi riportate sulle etichette.
I Governi nazionali dal canto loro potrebbero emanare leggi che impongano l'eliminazione di acidi grassi insaturi dai prodotti industriali, incentivare con idonee politiche di prezzo i cibi sani, migliorare la qualità del cibo servito o venduto nei luoghi istituzionali e imporre misure che aiutino i cittadini europei a scegliere piatti sani anche quando mangiano fuori casa o nei luoghi di lavoro.
Gli organi di informazione e i comunicatori potrebbero, e sempre più dovrebbero, dare spazio a campagne di educazione e istruzione sul significato di una alimentazione corretta, e spontaneamente limitare l'esposizione dei bambini a pubblicità che ne condizionino le scelte in direzioni pericolose.
Ogni Paese Membro dell'Unione Europea dovrebbe tradurre questi suggerimenti in progetti applicabili, modulati secondo le caratteristiche della popolazione, per raggiungere obiettivi comuni a medio e lungo termine per quanto riguarda il consumo di grassi insaturi, frutta e verdura, sale, carboidrati (in particolare zucchero) e fibre, in modo da permettere a tutti di recuperare o mantenere un peso adeguato, e da incentivare e facilitare l'attività fisica come abitudine quotidiana, possibilmente per 40 minuti tutti i giorni.
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