Sport
Martedì 30 Agosto 2011
Pennestrì, vi racconto
i miei anni alla Comense
Da 28 anni al vertice è vicino al passo d'addio
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«Sì, non ne ho mai fatto uno. Tutto nacque col primo. Mi ricordo bene: l'ho segnato, era il 1985. Io ero in carica dal novembre precedente e quello fu il mio primo raduno. Non ci andai perché ero in vacanza. Quell'anno però disputammo un buon campionato. E allora la presi come tradizione scaramantica. Chiedevo all'allenatore o alla capitana di chiamarmi per portare i miei saluti. Oppure c'era un dirigente a fare gli onori di casa, come succedeva con il povero Gamba e il povero Sanavio, o come ultimamente fa mio figlio Stefano».
Dunque questo è stato l'ultimo raduno o, se vogliamo, il penultimo contando i rimanenti tre mesi che fra un anno porteranno alla scadenza del mandato.
«Rispondo facendo una premessa, con estrema franchezza. Il fatto che io abbia deciso di lasciare la presidenza è dato innanzitutto dall'età. Ho compiuto 70 anni e per rispetto verso me stesso diventa un po' troppo impegnativo presiedere e condurre una società importante come la nostra. Così come non è giusto nei confronti della società stessa che venga amministrata da una persona avanti negli anni. Sono entrato nel 1956 come atleta e ho dato e ricevuto tanto. Ma detto ciò, la promessa che faccio ai nostri atleti e tifosi è che non abbandonerò mai la Comense. Resterò in società».
Su La Provincia di mercoledì l'intera intervista ad Antonio Pennestrì
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