Nargiso, grande amico di Maradona
«Piango da giorni, gli diedi la racchetta»

L’ex azzurro di Davis, e ora maestro in provincia, racconta il rapporto con l’argentino

Tra le persone famose ed ex sportivi che frequentano la nostra città e che sono rimasti sconvolti dalla scomparsa di Diego Maradona, c’è il suo omonimo Diego Nargiso. Ex campione di tennis, ora allenatore (anche a Como), è un napoletano tifosissimo del Napoli e che in passato era stato amico del fuoriclasse argentino. Erano gli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, Nargiso si era già trasferito a Montecarlo da dove stava facendo decollare la sua carriera, ma continuava a fare su e giù da Napoli per vedere la squadra, frequentando (come succede tra sportivi di alto livello) gli stessi giocatori.

Ci hanno raccontato che lei è distrutto.

Sono tre giorni che piango. Non so farmene una ragione. Per me era come un fratello, così come lo consideravano del resto tutti i napoletani.

Vi siete frequentati.

C’è stato un periodo della mia vita che mi ero avvicinato molto alla squadra, proprio dal punto di vista della frequentazione. Andavamo allo stadio in macchina, con i giocatori. Con la Renault di Carnevale, con cui ero in rapporti più stretti. E poi giù negli spogliatoi, non proprio dentro ma insomma lì fuori. E poi alle cene con la squadra.

Maradona ha lasciato a ognuna delle persone che lo ha frequentato un segno. A lei?

Mi ricordo che fuori dalla porta degli spogliatoi c’era una specie di slargo dove le squadre facevano riscaldamento. E io assistevo a questa fase molto intima. Beh, rimanevo incantato perché gli altri giocatori stavano lavorando, stavano preparandosi al gesto atletico, lui invece... giocava. Si divertiva, aveva la gioia dentro. E questo mi ha incantato, mi ha ispirato. Si dice: mai disturbare un professionista durante la concentrazione, ma lui anche in quel momento aveva una parola per i bambini che passavano, non ha mai negato un saluto. Era un uomo molto buono.

Diego giocava anche a tennis.

Sì, gli piaceva molto. Un giorno ci scambiammo gli attrezzi. Io gli regalai una mia racchetta firmata, lui mi regalò la sua maglietta. Giocava, anche con quella racchetta, interminabili partite con la moglie Claudia, con Giordano o Carnevale.

Lei invece quella maglietta l’ha mai usata?

Mai. E me la rubarono anche. La tenevo come una reliquia, poi un giorno decisi di portarmela dietro in un viaggio in Usa. Ma mi rubarono la Mercedes con dentro i bagagli e quella maglia. Era una bellissima Mercedes Pagoda, ma mi ricordo che ero disperato non per la macchina, ma per la maglia. Le macchine me le sono ricomprate, la maglia non potevo...

E le serate?

Era un trascinatore, sempre il capo banda. Sempre entusiasta della vita, affamato di vita.

Cosa dice dell’altra parte della medaglia? I suoi eccessi, il rovinare se stesso...

Tutti a Napoli sapevano cosa faceva, ma nessuno parlava. Tutti tolleravano come si fa con un figlio problematico a cui si vuole bene. Da fuori è facile giudicare, ma bisogna essere immersi in una realtà per capire .Io credo che lui si sia rovinato per la sua indole a dare e a darsi, indistintamente fossero persone buone o cattive. E poi molte responsabilità ce l’hanno anche le persone del suo entourage. Chi non l’ha difeso, non l’ha messo in guardia. Se frequentava persone sbagliate per eccesso di entusiasmo, ci voleva un management che lo fermasse, lo facesse riflettere.

Il napoletano Nargiso può farci una fotografia di chi era Maradona, che ancora non è stata mostrata?

Facile. Mio nonno mi fece innamorare del Napoli, mi portava nei distinti. Io poi da adolescente cominciai ad andare in curva B, dove da giovane talento già famoso, ero invitato anche da Gennaro Montuori, detto Palummella, il capo della tifoseria, a vedere le partite lì. Ogni tanto però tornavo nei distinti. Beh, una volta l’altoparlante annunciò le formazioni, e a sorpresa Maradona, contrariamente a quanto annunciato, non c’era. Non ci crederete, ma molte persone vicine a me, si alzarono e se ne andarono. Perché Maradona era la cosa principale dello spettacolo. In tv nemmeno si vedeva, quello che faceva. Non i gol o le giocare ad effetto, ma semplici tocchi, movimenti, saltelli... Era lo show per cui pagavi il biglietto.

Si susseguono film e documentari su di lui.

Li ho visti tutti

Cosa manca in quelle opere della persona Maradona?

Il suo amore per la famiglia. Una persona come lui non poteva avere una donna sola, era troppo affamato di vita. Però l’amore per la famiglia era totale. Era centrale. Poi c’è stata la vicenda del figlio riconosciuto dopo tanti anni. La gente si ferma in superficie, ma per lui è stato un tormento. Mi è successa una cosa simile, e sei dilaniato dentro.

Una follia per vedere Diego?

Ero a Montecarlo, già compresso tra impegni e vita da atleta, ma per Napoli-Lazio del secondo scudetto non potevo mancare. Allora presi la macchina e partii di notte per raggiungere Napoli. Ma la macchine si ruppe. Presi un treno, arrivai al filo ma ce la feci.

Segue ancora il Napoli?

Certo. Alle partite sto ancora male come da giovane.

© RIPRODUZIONE RISERVATA