Brienza&Fioretti, intervista doppia
«Ti ruberei Diener», «E io Gaines»

Parlano i vice di Cantù e Cremona, che sabato si affrontano. Hanno un lungo passato insieme in Brianza

Amici veri, questa volta nemici. C’eravamo tanto amati? No, si vogliono sempre bene, ne hanno passate troppe insieme, condividendo nello staff di Cantù, come assistenti di vari head, coach gioie e dolori. Ma stavolta saranno avversari, anche sul nostro giornale con un intervista doppia: il canturino Nicola Brienza assistente di Pashutin sulla panchina di Cantù e il canturino Flavio Fioretti assistente di Sacchetti su quella di Cremona. Sabato sera – inizio alle 20.30 – si abbracceranno di sicuro, entrambi carichi per le recenti vittorie. Con Cantù che, dopo l’arrivo di Jefferson, pensa sempre al “taglio” di Calhoun: il divorzio potrebbe concretizzarsi dopo il derby.

Il basket è la vostra vita. Ma di chi è la “colpa” della vostra passionaccia?

Brienza: Nel mio caso di mia madre, perché io volevo giocare a calcio, ma lei mi ha convinto a scegliere la pallacanestro.

Fioretti: Scelta mia, ho provato tanti sport, ma a Cantù in quegli anni il basket era un “obbligo”.

E come vi siete avvicinati alla panchina?

B.: Giocavo a Cantù e mi infortunai. Sacripanti per non perdermi mi disse di stare in panchina con lui e Fioretti. Non rientrai mai in campo e mi ritrovai allenatore quasi senza volerlo.

F.: Ho giocato fino a quando altezza e capacità me l’hanno permesso: ero bravo eh, ma il fisico non mi avrebbe permesso di andare avanti ad alti livelli. Allora mi venne chiesto di fare il viceallenatore, a 17 avevo una mia squadra.

Ormai ne avete conosciuti un bel po’: quali sono i vostri head coach di riferimento?

B.: Sono ovviamente legato a Sacripanti, perché mi ha lanciato, mi ha spinto lui verso questo mondo e doveva pure essere il mio testimone di nozze. Sono legato anche a Trinchieri, con lui c’è stata la svolta: dopo l’apprendistato, sentivo che potevo essere un componente dello staff a tutti gli effetti, una voce considerata.

F.: Sicuramente Sacripanti. Ho iniziato con lui quando il settore giovanile era stato ridimensionato e si voleva rifarlo, poi con Corrado presidente siamo andati insieme in panchina: abbiamo condiviso tanto. Ma tutti gli allenatori con cui ho lavorato sono stati importanti, da tutti ho “rubato” qualche buon insegnamento.

In tanti anni canturini, a quale giocatore vi sentite più legati?

B.: Mazzarino, prima di tutto perché il mio primo incarico fu quello di andarlo a prendere in aeroporto… Lui arrivava da Reggio Calabria ed era un bel giocatore, ma a Cantù divenne un leader. Siamo cresciuti professionalmente insieme.

F.: È una scelta davvero difficile, perché sono affezionato a tanti. Se facessi un solo nome non sarebbe giusto.

Bando all’amarcord… come stanno le vostre squadre?

B.: Cantù bene, come stava bene prima di Avellino, ma con 2 punti in più che danno energia, entusiasmo e voglia di non fermarsi. In più c’è Jefferson, che ha aumentato l’esperienza e la qualità di questa squadra.

F.: Cremona sta benissimo: abbiamo disputato un ottimo precampionato e, dopo il rientro di Sacchetti dalla Nazionale, siamo andati ancora meglio. Striamo creando un bel gruppo e i primi risultati ci stanno dando ragione. Ma è lunga e c’è tanto lavoro da fare...

Un giocatore avversario che non vorresti vedere in campo?

B.: Diener, di cui sono cestisticamente innamorato da sempre: quando serve, lui c’è. E poi toglierei a Cremona coach Sacchetti: il migliore nel fare esprimere a meglio i propri giocatori. Un esempio? Ricci, un giocatore poco considerato, e ora grande protagonista di Cremona.

F.: È facile dire Gaines, sicuramente il giocatore di Cantù più pericoloso. Ma contro Trento, è emerso il gruppo di Cantù: dal più famoso a quello meno considerato, tutti hanno dato un contributo importante.

E dove arriveranno le vostre squadre?

B.: Abbiamo le qualità per disputare una bella stagione, tranquilla, ma con la possibilità, se cresciamo bene, di entrare nelle prime otto.

F.: Ci piace lavorare per migliorare continuamente, consapevoli che c’è chi è più forte di noi. Daremo sempre tutto, ma siamo un cantiere aperto. Obiettivo salvezza, per poi provare ad alzare l’asticella.

Ma vedremo mai Brienza e Fioretti head coach in Italia?

B.: La voglia c’è, ci ho provato in Svizzera e poi sono tornato nel mio vecchio ruolo. Serve anche un po’ di fortuna: in A ci sono 16 panchine, in A2 non tutte le situazioni sono allettanti. Vedremo in futuro.

F.: Lo spero, dopo diciotto anni da assistente di grandi allenatori e nelle piazze giuste, spero prima o poi di mettere in pratica tutto questo studio”. Ma so anche che in Italia siamo pieni di allenatori bravi e che ci vuole anche fortuna in questo lavoro.

Sabato cosa gli dirai?

B.: Che l’ultima volta che ci siamo visti in campo, proprio a Cremona, la Vanoli ha fatto retrocedere Capo d’Orlando e che quindi è ora che soffra un po’ anche lui per una sconfitta.

F.: Io sono meno cattivo di lui, quindi gli faccio solo un grande in bocca al lupo. Ci stringeremo la mano, poi sarà battaglia sul campo.

L.Spo.- Luca Pinotti

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