Cantù, caso Johnson
Si vaccina o no?

Le parti hanno già avuto un confronto: la società ha manifestato l’intenzione di non voler perdere un giocatore importante come lui

Cantù attende una risposta da Robert Johnson. La domanda posta nei giorni scorsi all’americano è molto semplice: «Dal 10 gennaio, senza vaccinazione e green pass, non potrai più giocare in Italia. Tu che intenzioni hai?».

Johnson è l’unico giocatore della Pallacanestro Cantù non vaccinato. Da sempre ha manifestato la sua contrarietà al vaccino, pur avendo sempre avuto un atteggiamento disponibile nei confronti di tamponi e controlli e avendo sempre avuto uno stile di vita da autentico professionista. E di problemi finora non ce ne sono mai stati.

Ora, con il nuovo decreto governativo, che dal 10 gennaio imporrà «il possesso della certificazione verde anche per gli atleti agonisti o di rilevanza nazionale che accedono ai servizi e attività per i quali la normativa lo prevede», non saranno più ammesse mezze soluzioni: chi non si vaccina, non gioca e non si allena.

Le parti hanno già avuto un confronto: la società ha manifestato l’intenzione di non voler perdere un giocatore importante come Johnson. Dall’altra parte non ci sono state chiusure, ma solo la richiesta di riflettere qualche giorno, con l’impegno a informare al più presto la società della decisione presa. Johnson farà conoscere molto presto le proprie intenzioni.

Se l’americano rimanesse però fermo sulla posizione “no-vax”, sarebbe un giocatore inutilizzabile e quindi da tagliare dal roster. E quindi si aprirebbe la ricerca di un sostituto. E non è affatto semplice, per le regole della serie A2, sostituire un americano con un americano a stagione iniziata.

A differenza della serie A, i visti a disposizione sono solo due. Per poter avere un giocatore americano bisognerebbe sceglierlo tra quelli che hanno già ricevuto un visto per l’Italia e che abbiano già disputato quattro partite. Un “piano B” logico, ma di non semplice attuazione.

Altra soluzione “veloce” sarebbe battere il mercato dei comunitari, rinunciando a uno statunitense. In questo caso ci sarebbero meno formalità, ma anche in questa situazione non si tratta di una pista agevole. Bisognerebbe seguire il mercato degli “scontenti”. Chi sta vivendo una situazione difficile, magari in un altro campionato europeo, potrebbe essere attratto da una proposta canturina.

Altra ipotesi, certamente non immediata, ma che necessita alcuni passaggi formali e burocratici, potrebbe essere la richiesta da parte dei club per spingere la Federbasket a cambiare le regole consentendo un altro visto, anche a stagione in corso, con la benedizione del Coni.

Essendo cambiata la situazione e le regole del gioco rispetto a inizio stagione, quando non c’era alcun obbligo vaccinale per i professionisti, cambiare potrebbe essere una soluzione importante per tanti club.

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