Cantù: Pecchia, adesso che fai?
«Un onore vestire questa maglia»

L’esterno della S. Bernardo: «Con la società non abbiamo ancora parlato»

Due anni a Cantù, il futuro però è ancora tutto da scrivere. Andrea Pecchia, esterno della S.Bernardo, ripercorre la stagione – lo dice subito, deludente – della squadra, i motivi della retrocessione e i (pochi) motivi per sorridere.

Scandagliando l’annata, il principale “colpevole” non poteva che essere solo uno: «È stato un anno difficile per tutti, ma credo che nessuno sia stato colpito più di noi dal Covid. Non sto cercando scuse, ma se si analizza lucidamente quello che è successo, è un dato di fatto che il virus abbia colpito noi più di altri».

Pure lui non ne è uscito bene, tra perdita di peso e di energia, problemi che lo hanno condizionato per tutta la stagione: «Inoltre sono successe varie cose: penso soprattutto agli infortuni, che non ci hanno permesso di lavorare. Cose normali in una stagione, ma a noi sono capitate tutte insieme. Peccato, a un certo punto avevamo cominciato a credere davvero nella salvezza».

Concorda con coach Bucchi, che dà alla seconda ondata di virus le colpe maggiori del crollo finale della squadra: «Quando dice che ci saremmo salvati, credo che abbia ragione. Dopo la vittoria contro Cremona c’era la sensazione che si potesse finire l’annata bene. E se lo dice lui, bisogna credergli. Siamo stati forse i primi al mondo a disputare una partita senza l’intero staff tecnico e senza bomber. Visciglia ci ha dato una mano durante la positività del coach, ma non è stata la stessa cosa senza Bucchi».

E quelle partite perse di un punti? «In questo caso la sfortuna non c’entra. La colpa è stata solo nostra».

Niente tifosi al palazzetto e qualche contestazione qua e là, può aver anche pesato questa situazione? «Noi giocatori abbiamo sempre pensato a quello che succedeva in campo, cercando di restare sempre concentrati. Poi è ovvio che la tifoseria sia profondamente delusa per come sia finita la stagione».

In una stagione terminata all’ultimo posto, c’è comunque una cosa positiva da salvare: «A titolo personale, sono felicissimo per il debutto in Nazionale. Me lo porterò sempre dentro. Le amarezze con la tua squadra però offuscano un po’ il ricordo dell’esordio». Esperienza che, peraltro, presto potrebbe ripetersi al Preolimpico, il torneo che potrebbe regalare all’Italia un posto alle Olimpiadi: «Non ho segnali, ma spero di essere nella lista dei convocati».

La testa però torna al presente. E dopo due anni con la maglia di Cantù, il futuro potrebbe essere lontano dalla Brianza: «Non ho ancora parlato con la società. Posso solo dire che qua ho passato due anni molto belli. Il primo ottimo, il secondo meno, anche se ho imparato tanto anche nella sconfitta: vorrei comunque lasciarmi alle spalle questa stagione e guardare avanti. Posso solo dire che per me è stato un onore vestire questa maglia gloriosa».

Infine, uno sguardo alla classifica: «Retrocediamo dopo aver conquistato 18 punti. Sarebbe bastata una vittoria in più per essere salvi. A me dispiace tanto, la rabbia è tanta e forse è davvero meglio non pensarci».

Una delusione fortissima, che ancora non è svanita. Tanto da rifiutare la proposta di Treviglio, la sua vecchia società, per i playoff di A2: «No, meglio evitare. La retrocessione con Cantù è ancora troppo fresca…».

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