Cantù, porte (quasi) aperte
In 700 (con Zanetti) a tifare

La prima volta ieri con il pubblico a Desio è coincisa con una vittoria

Venticinque minuti di ritardo per il derby. Come se non fossero bastati i sette mesi passati senza basket dal vivo, il prepartita ha aggiunto attesa all’attesa in chi era a Desio e aspettava sugli spalti, con trepidazione, la partita contro Varese. Già, perché un istante prima della palla a due, gli arbitri hanno notato una crepa nel tabellone sotto la curva (vuota) degli Eagles. Abbassato il tabellone e capito come risolvere il piccolo guaio, la partita è iniziata quando mancavano cinque minuti alle 21. Consentendo anche all’ospite d’onore Javier Zanetti, accompagnato dalla moglie Paula e invitato dall’amico Luis Scola, di non perdersi nemmeno un secondo della sfida.

Colore? Poco o nulla. Entusiasmo? Sì, perché quello non manca mai. Figuriamoci dopo tanto tempo. Ma era la prima partita in casa parzialmente aperta al pubblico (1.625 posti la capienza consentita) e l’energia, nonostante tutto non è mancata. Non c’è stata troppa attesa e nemmeno corsa al biglietto: i sostenitori canturini (assenti i varesini per ragioni di ordine pubblico), 700 scarsi (658 per la precisione), non si sono accalcati per un posto a sedere. Ma per quella manciata di tifosi che hanno deciso di assistere al derby contro Varese, solo per affetto e per troppa astinenza da basket dal vivo e non certo per ragioni di classifica di Supercoppa – Cantù è out da tempo -, il ritorno al PalaBancoDesio è stata un’esperienza liberatoria. I riti scanditi dagli ingressi in campo delle squadre per il riscaldamento – applausi per Cantù, fischi per Varese e soprattutto per Scola – sono stati mantenuti e rispettati.

Pur sempre dando la sensazione di amichevole in altura e non di un appuntamento ufficiale, applausi e vicinanza non sono affatto mancati a Cantù. I più applauditi? Beh, il primo boato – se così si può chiamare – è stato per Leunen, entrato in campo dopo 5’ di gioco. Hanno scaldato il pubblico la doppia tripla di La Torre e una giocata di Procida. E pure Pecchia si è preso la sua razione di applausi, per la sua determinazione in difesa. Certo, non è stata la “solita” atmosfera. Non c’erano gli Eagles, che garantiscono tutto quello che è mancato. Niente tamburi, niente tifo, solo pochi spettatori al loro posto. Del resto l’hanno detto da tempo: se non ci fanno vivere la curva come vogliamo, noi stiamo fuori. A ricordare a tutti la loro “presenza”, lo striscione appeso contro Brescia e rimasto lì: «Lontano dagli occhi, vicino al cuore». C’è da scommettere che non si muoverà da lì ancora per un bel pezzo. n 

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