Pallacanestro Cantù / Cantù - Mariano
Giovedì 03 Novembre 2022
Biella: «Dobbiamo vincere qualcosa per i tifosi»
L’intervista «Inutile continuare a chiedere loro il sacrificio di fare l’abbonamento e venire alle partite, se poi non mettiamo sul piatto qualcosa di appagante»
Sempre lì, nei suoi tre ruoli: primo sponsor, consigliere d’amministrazione del club e tifoso. Ma l’ordine è meramente scelta giornalistica, perché, fosse per lui, non avrebbe alcun dubbio, con il tifoso in testa, a far scivolare indietro le altre due posizioni.
Sempre lì, “on fire” più che mai e continua fonte di sano ottimismo. Con il bicchiere - d’acqua, ça va sans dire - mezzo, se non totalmente, pieno. Di tanti Antonio Biella ne avrebbe bisogno il mondo, prima ancora che la Pallacanestro Cantù. L’unica squadra - diciamolo (noi, non lui per ovvi motivi tattici) - per cui farebbe pazzie.
E a proposito di pazzie, non siamo in area anniversario, pensando a quel 18 novembre 2018?
Davvero, sono già passati quattro anni ed è cominciata la quinta stagione sportiva. Per i conti, veleggio con gli allenatori in panchina: Pashutin-Brienza il primo giro, poi tutto un Pancotto, Pancotto (esonerato, e la pagina più triste della mia storia insieme alla retrocessione) e Bucchi per il terzo campionato. Quindi l’annata con Sodini e questa iniziata con Sacchetti.
Sembra passata una vita...
Abbiamo vissute tante emozioni. Alcune negative, senza dubbio, ma tante felici. A cominciare dalla soddisfazione di aver salvato Cantù. Non ho paura a dire che l’accoppiata S. Bernardo-Biella sia stata quella che ha dato il là a tutto quel fermento che portò a firmare l’acquisizione della società, grazie a Tic.
Avrebbe mai pensato a un matrimonio così longevo?
Assolutamente sì. Perché quando da imprenditore inizio un’avventura lo faccio sempre pensando al medio-lungo periodo. Le cose che faccio hanno un senso solo se di ampio respiro e non sono mordi e fuggi.
Quindi obiettivo centrato?
Dal punto di vista valoriale è una soddisfazione anche personale, dal punto di vista lavorativo l’obiettivo era quello di arrivare al consumatore/cliente/tifoso perché legasse S. Bernardo al destino della sua squadra.
Mai avuto dubbi? O perlomeno mai dovuto affrontare le perplessità di chi le sta accanto?
Nel lavoro, essendo a capo di un’attività che raggruppa familiari e amici soci, il mio pregio, da sempre, è quello di limare. Arrivare cioè ai compromessi felici. Dal 2011 a oggi ci sono sempre riuscito, senza strattoni o forzature particolari.
La piace la squadra?
Fino adesso come faccio a dire di essere completamente appagato? Perché di prestazioni eccezionali non ne abbiamo ancora viste. Ma sono felice di aver un coach super con enorme curriculum e professionalità. Sono felice di avere uno staff che a volte nemmeno in A si possa trovare. Sono felice di avere giocatori con doti tecniche e umane importanti.
Ma? Di sicuro, a questo punto, c’è un ma...
Diciamo che non siamo ancora arrivati. Che abbiamo perso le uniche due partite che tutti avremmo voluto vincere, la semifinale di Supercoppa e la gara di andata con Cremona. Ma questa non è una critica, soprattutto non bisogna farne un dramma. Sappiamo tutti dove vogliamo e dobbiamo arrivare. Se poi mi chiedete se questa è una squadra che mi esalta, ovvio che debba rispondervi di no.
Con tante attenuanti, però?
Lo ripeto, niente drammi. Abbiamo cambiato gli equilibri, ci servono amalgama e assestamento. Poi non abbiamo mai avuto Stefanelli, che era considerato la nostra bocca da fuoco. Situazioni che ci condizionano, per un’altalena di rendimento che, a inizio stagione, è ovvio che ci stia.
L’avrà sorpreso qualcuno in positivo, però?
Certo. E penso a Baldi Rossi e alla sua immensa classe. Così come Rogic, per la grinta. E ovviamente Nikolic, che lo vedo in maniera positiva come un’evoluzione dell’anno scorso. Era forse allora che ci chiedevamo quando esplodesse, l’ha fatto quest’anno. Forse per il ruolo, da “tre” si è liberato. Mi piace un casino.
Quando finalmente Cantù diventerà una squadra sacchettiana, il divertimento sarà assicurato...
Non ho alcun dubbio. Lui è famoso per far giocare le squadre in maniera brillante e anche la scelta riposta su di lui è stata fatta nell’ottica di far divertire la gente. Non vedo questo momento come una fase negativa, ma solo come parte del percorso verso il finale di stagione.
Solo verso quello?
Aggiungiamoci anche verso la finale di Coppa Italia. Che deve essere un nostro traguardo, un po’ perché è l’ora di vincere qualcosa, anche un trofeo mai conquistato. È a febbraio che vorrei la squadra al top. Lo dobbiamo, soprattutto, ai nostri tifosi. Inutile continuare a chiedere loro il sacrificio di fare l’abbonamento e venire alle partite, se poi non mettiamo sul piatto qualcosa di appagante.
Parla, in questo caso, il tifoso o l’imprenditore?
Tutti e due. Anzi, tutti e tre. Il tifoso di sicuro, perché non vediamo l’ora. Lo sponsor, ovviamente, anche se l’eventuale promozione, lo riconosco, sarebbe tutta un’altra cosa. E il membro del cda, che vorrebbe mettere le mani su qualcosa di più di quell’auspicata gara cinque di finale playoff con esito ribaltato.
Nel mezzo, mai sotto le duemila presenze, un pubblico che dà coraggio.
Bello vedere la gente a Desio. Bellissimo sentire - mi viene quasi da dire, vedere in campo - gli Eagles. Quanto ci sono mancati durante la stagione scorsa e in finale di Coppa Italia. L’altro giorno ho invitato alla partita un amico che non veniva da un po’ e anche lui a sottolineato il fatto di come con loro sugli spalti sia tutto un altro spettacolo.
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