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(Foto di Cusa)
Sacchetti: «Dobbiamo lavorare e lo sappiamo, ma le sensazioni sono positive»
Contano di più i riscontri delle prime amichevoli stagionali (peraltro con avversarie di alto livello) o le emozioni che può vivere un omone di 70 anni che nella vita cestistica ne ha viste e passate di tutte i colori, ma lo stesso continua a mettere la parola Cantù davanti a ogni cosa?
Dubbi, pare, non ci siano. Stiamo parlando di Romeo Sacchetti, galantuomo di una signorilità sopra ogni livello, e del suo rispetto per la panchina che occupa e del luogo che lo ospita. Sacro, per lui. «Siamo a Cantù - dice - non in un posto qualsiasi. Mi fa piacere che questa squadra l’abbia già compreso».
Sono tornato a provare qualcosa di emozionante, non lo nego. Arrivare dentro questo gruppo, così diverso da quello della mia prima stagione, mi ha dato una sensazione nuova. Di freschezza e stimolo. Un qualcosa che mi spinge ancora di più a voler fare bene. Un vero piacere stare in mezzo a loro.
Sono servite soprattutto ad attivarci e a conoscere i giocatori, per capire anche ciò che siamo. Ma sono sensazioni più che positive. Buone e nuove.
Direi di sì. L’altra sera al cospetto dei nostri tifosi siamo arrivati un po’ imballati e corti, senza Cesana e Tarallo. Ma ci sta.
Sprazzi di buona pallacanestro ce ne sono stati, anche in considerazione del fatto che avevamo di fronte avversari di alto livello. Meglio con Brescia che con Trento, quello sì, ma anche noi eravamo in condizioni diverse. E la scelta di non rischiare Cesana ha pesato anche sulle scelte.
Sapevamo sarebbe andata così. Sapevamo di non poter essere ancora belli sciolti, perché la preparazione è stata intensa. Lo si è visto. Sia a livello individuale sia di squadra.
Precampionato, non c’è dubbio. Ma stavolta contro squadre del nostro livello. E le partite cominciano un po’ a contare, come il passaggio del turno.
Mi interessava far capire subito ai ragazzi quel che avremmo trovato contro avversari di spessore. C’è sempre bisogno di misurarsi con rivali di peso, atletismo e valore diverso dal nostro. Anche la differenza di fisicità può fare bene, certo che si consumano presto energie importanti e alla fine rischi di fare brutte cose. Come ci si è successo. Ma era preventivato.
Vado sempre con i piedi di piombo, perché poi come sempre sarà il campo a confermare o smentire le sensazioni, ma sono molto soddisfatto del clima all’interno della squadra e del vedere il gruppo così unito, dentro e fuori dal campo. Tutti pronti ad aiutarsi, anche nei momenti di difficoltà. Persino, ed è quello che più mi piace, con e tra i nuovi arrivati. Ci sono cose da migliorare, mi pare naturale dopo venti giorni, e i prossimi test saranno qualcosa di più vicino alla nostra realtà.
Uno, Hickey, ha atteggiamenti più da leader, anche a livello d’impatto vocale. L’altro, Young, è un po’ più sornione come approccio, ma si sta sciogliendo velocemente. Entrambi sono straordinariamente professionali. Mi piace molto il fatto che si stiano “prendendo” fuori dal campo e che vadano già assieme. Magari conta poco, adesso, ma resto convinto che alla lunga possa aiutare. Molto.
Ci sta, in questa fase. Abbiamo scelto di giocare partite importanti contro avversarie di rango. Ovviamente, e lo ripeto, sono stato molto più contento di quello visto in campo con Brescia, rispetto al test con Trento. Condizioni diverse, rotazioni un po’ cambiate, ma lo stesso ci sono state risposte positive.
Senza Cesana e Tarallo, direi. Che sarà anche tanto giovane, ma che può garantirci minuti che con Trento non avevamo. Ma tutto ciò fa parte delle dinamiche del precampionato. Dobbiamo crescere, lo sappiamo tutti. E mettere tutti nelle condizioni di crescere. Prendete Nwohuocha, ad esempio: da un paio d’anni non gioca con continuità. Dovremo cercare di dare anche a lui la possibilità di tornare presto in ritmo.
Soprattutto un’esigenza. Non ho così tanta voglia di tirare il collo ai giocatori in questa fase. E di far giocare loro quei 35 minuti come potrà accadere magari in campionato, ma adesso no. In preparazione bisogna curare anche questi aspetti: contenere il minutaggio e non stressare testa e fisico. Ne avremo bisogno in altri momenti un po’ più importanti di un’amichevole di inizio stagione.
Non può che essere buono. Uno è mio figlio, quindi inutile che vada avanti. Con Cagnardi fila tutto liscio: ci conoscevamo già e c’è stato subito feeling. Io? Sono sempre io, anche nel rapportami con i miei vice.
Nel senso che accetto di buon grado che loro mi dicano tutto quello che devono e vogliono dirmi. E poi alla fine le valutazioni, come è giusto che sia, le faccio io.
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