«Motivato? Sì, molto e dovesse servire
farò anche il duro»

Sacchetti, tecnico della Pallacanestro Cantù: «Quanto ci è accaduto è tutta esperienza, non si finisce mai d’imparare»

Nessuno meglio di Olly (e con Olly intendiamo la signora Olimpia, sua moglie) sa come trattarlo e cosa fargli fare in momenti così. Dieci giorni come un leone in gabbia, girando su e giù, non solo qui, nel Comasco, ma anche nei loro buoni ritiri, poi la liberazione. Che lui, Romeo Sacchetti - uomo di straordinaria sensibilità - ha voluto condividere con chi gli è più caro: la famiglia.

Sarà anche stato colpito, attaccato, messo in dubbio e offeso. Ma l’hanno solo ferito, non di più. E quindi, adesso, il leone è ancora qui, pronto a colpire come ha sempre ha fatto. In una carriera da hombre vertical, abituato com’è a guardare negli occhi i suoi interlocutori. Insomma, Meo è pronto a riprendersi la Pallacanestro Cantù.

Coach, da dove vogliamo partire?

Da dove volete. Le domande le fate voi. Non pongo condizioni.

Le hanno dato e detto di tutto, in questi dieci giorni. Come si sente?

Mi sento, come ho fatto, di dover rispondere alla domanda che mi hanno posto il mio presidente, i miei dirigenti e i miei responsabili dell’area sportiva.

Qual è?

Se me la sentissi e se avessi le giuste motivazioni.

Par di capire che la risposta sia stata la stessa...

Un doppio sì. E lo dico anche a voi. Sono motivatissimo, altrimenti - per come intendo io questo mestiere - non potrei andare avanti. Senza adrenalina o obiettivi, meglio piantarla lì.

Quindi si sente ancora dentro il sacro fuoco di sempre?

Eccome. Logico che ci sia dell’amaro in bocca per come è andata a finire. Per me ci è sempre mancata qualcosina.

C’è una piazza, e il riferimento è a Cantù, dove non vincere fa più male di altre?

Il discorso era chiaro dall’inizio. Questo non è mai stato un posto qualunque. La storia ti aiuta, forse sì. Ma nel frattempo ti mette anche pressione. E non tutti reagiscono allo stesso modo.

Quindi?

Bisognerebbe riuscire a trovare il giusto equilibrio. Evitare che le attese e le attenzioni diventino macigni. Ma io preferisco sempre situazioni come queste. In posti anonimi e senza stimoli inutile andarci. Qui c’è il bello del basket, qui c’è il bello dello sport come lo intendo io.

Quanto può essere stato fuorviante l’ottima partenza e la serie dei record di vittorie consecutive?

Anche quando vincevamo, e a lungo, se vi ricordate, ho sempre sottolineato i momenti di blackout che ci annebbiavamo durante la partita. Dicevate che ero come un disco rotto e che sentivate sempre le stesse cose, che mi servivano magari per mandare dei segnali e basta. Invece le pensavo eccome.

Le cause?

Forse anche i dieci-giocatori-dieci. Bisognava trovare equilibri e non è stato facile per nessuno. Per noi dello staff e per loro in campo. Adagio adagio, abbiamo cercato di applicarci.

Solo questo?

Ovviamente no. Negli attimi importanti, nei momenti decisivi e più delicati non siamo mai stati duri come dovevamo essere. Penso alla Coppa Italia, a partite con squadre sulla carta più abbordabili e ai momenti clou dei playoff. Non mi basta, ovviamente, sapere che può succedere nel basket. Gioia e fastidi, e in un attimo passi dall’esaltazione alla delusione. Ma non è più l’ora di guardare indietro.

È la A2 che si aspettava?

Onestamente devo ammettere di essere tornato in una realtà di cui avevo poca conoscenza. Soprattutto dei giocatori. Eppure non pensavo ce ne fossero così tanti a questi livelli, che non dico già pronti per giocare ai piani di sopra, ma che potrebbero anche non sfigurare.

Nel frattempo - ha visto? - ha vinto Pistoia...

Ci ha messo tanta fisicità e atletismo. Prima contro di noi e poi con Torino. Bravi loro.

In tutta sincerità, cosa non rifarebbe tornando indietro?

Premessa: io credo sempre di essere positivo. Pensavo si potesse cambiare testa e atteggiamento anche di qualche mio giocatore. Per il bene della squadra, ovviamente. Lasciando da parte pericolosi personalismi.

In che senso?

In certe situazioni, specie in quelle che contavano, non sono riuscito a far capire il ruolo che ognuno aveva nel contesto globale di gruppo. Ho peccato, ragionando più da ex giocatore, uno di quelli che in carriera ha provato a mettersi a disposizione di compagni e squadra. E forse non ho pensato abbastanza da allenatore, non sono riuscito a essere duro abbastanza con i miei giocatori. Questo è il mio cruccio, sì.

Base per la ripartenza nella nuova avventura?

Di certo tutta esperienza. Ho capito, giocoforza, che non si finisce mai di imparare. Anche alla soglia dei 70 anni e dopo averne viste e fatte di tutti i colori. Avrei sofferto, e forse sbagliato, meno se non avessi messo davanti a tutto il mio credo da ex giocatore. Ma io ho cercato di essere fino in fondo parte di un gruppo, dove si cerca di stemperare la sconfitta e dividere con tutti gli altri i meriti della vittoria.

Conterà, questo ragionamento, nella scelta dei nuovi giocatori?

Non sarà facile. certi li conosci, certi no. Pensi di poter cambiare la mentalità e poi ti scontri con tanti fattori. Mi piacerebbe non dover cambiare adesso il mio modo d’intendere basket e la gestione di un gruppo, ma se è il caso farò tesoro dell’esperienza. Sarò più duro. E con 10 giocatori? Ci sarà spazio per tutti in base a quello che si può e si deve dare. Lo si sappia, quindi niente facce tristi o mono espressive. Cercherò di prendere chi ha voglia d’incidere e farsi sentire.

Come ha vissuto questi lunghi giorni di attesa, dalla delusione di Casale alla stretta di mano con Allievi?

Ormai so come funziona nell’ambiente. A Sassari ho fatto il triplete, poi l’anno successivo mi hanno mandato via dopo sette giornate. Quindi, stavolta c’era da aspettarsi di tutto, situazioni che avrei dovuto accettare. Ovviamente mi ha fatto un sacco di piacere avere un’altra possibilità e di questo ringrazio il presidente per la disponibilità dimostrata.

Obiettivi?

Uno su tutti. Ho una voglia matta di far vedere quelle che sono le mie motivazioni e riuscire a far giocare la mia squadra sempre meglio. Come sogno, come voglio.

L’accusano di aver tirato il collo a David Logan, perdendolo nel momento che contava...

Detto che negli ultimi due minuti di gara 4 a Pistoia ha sbagliato due tiri da sotto che avrebbero cambiato i destini, dandoci anche del riposo in più, a noi e a lui, tante volte nelle due serie ci siamo trovati a rincorrere e abbiamo avuto bisogno dei suoi canestri. In più, anche se non c’è controprova, non so quanta strada avremmo fatto senza Logan.

Ha già in mente la squadra del prossimo anno?

Cercheremo di avere più fisicità. A questi livelli conta eccome. Ce l’ha detto il campionato. Nikolic, uno che ha tanto dinamismo, l’ha dimostrato. Dovremo esserci molto di più nell’uno contro uno, anche spalle a canestro. Dovremo avere giocatori capaci di battere l’uomo nell’uno contro uno.

E con la pressione come la mettiamo?

Inutile, bisognerà conviverci. Ogni tanto ti dà, qualche volta ti blocca. Cercheremo di farlo convinti però che tutto questo è un gioco. Nel quale metterci gente con qualche sicurezza in più.

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