Pancotto: «Ora vi spiego
perché Cantù è promossa»

«Il lavoro più importante è stato ridare “canturinità” alla squadra, in nome del mio motto “dare valore ai valori”»

Le ha viste tutte, ma proprio tutte. Questa, però, gli mancava. Una stagione finita a metà: tutti a casa, senza poter concludere il lavoro iniziato.

È forse proprio questo l’aspetto che più “tormenta” coach Cesare Pancotto dal punto di vista sportivo, ora che tutto il movimento si è fermato ed è così potuto tornare nelle sue Marche: «Finito il lavoro, sono tornato a casa. Sia chiaro, sarei rimasto volentieri».

Coach, è già tempo di bilanci per lei e per Cantù…

Bisogna fare due valutazioni. Una societaria e una sportiva.

Partiamo con la prima?

«La società doveva lavorare a livello economico per rimettere in ordine il passato. Doveva poi tornare a essere riconosciuta come Pallacanestro Cantù in quanto tale. Fatte queste debite considerazioni, nonostante il campionato non sia terminato, il lavoro che abbiamo svolto tutti insieme rispetta tutte queste voci. Ora c’è una società di valore nazionale, composta da persone di spessore, serie e che vogliono il bene di Cantù. Questo fatto ha portato sponsor non solo economici, ma anche amanti del basket e di Cantù. È questo è un merito della società».

Per la parte sportiva, coach, cosa si può dire?

«Il lavoro più importante è stato ridare “canturinità” alla squadra, in nome del mio motto “dare valore ai valori”. Ognuno ha dato qualcosa perché questo accadesse, dal gm al custode: tutti si sono riconosciuti in questa “mission”. A livello tattico e di gioco, ma vorrei non dirlo io, credo che la nostra squadra abbia raggiunto valori alti. Questo è quello che ci hanno riconosciuto tanti avversari e addetti ai lavori».

Non era scontato, no?

«Abbiamo dato forza al progetto di sviluppo dei giovani. Quando parti così, un po’ di rischio c’è. Ma dando fiducia e certezze, molti dei nostri giocatori si sono messi in luce: mi auguro possano essere ancora con Cantù e per Cantù. Essere decimi a fine campionato, fuori dalle Final Eight a fine andata per un niente è un grande risultato, in linea con le aspettative. E il futuro dovrà andare in questa direzione di crescita.

Spesso ha parlato del “fattore tempo”».

Cantù ha anticipato i tempi?

«Quando parti con i giovani, devi avere la pazienza di aspettare: quando nasce un figlio, non puoi pretendere che cammini subito. Il quadro era chiaro, per migliorare le nostre certezze avremo dovuto ridurre i tempi. Staff e giocatori, in questo senso, mi hanno dato un grande aiuto. Ed è stato un investimento, oltre che una sfida: abbiamo ottenuto qualità nel minor tempo possibile».

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