Abolizione del vincolo
I dirigenti s’interrogano

Dibattito aperto nello sport comasco. Bernardi: «Il rapporto coi giocatori sarà da ristrutturare». Soggia: «Sono favorevole». Angelini: «È uno scossone»

Tiene banco in queste ore il dibattito sull’abolizione progressiva del vincolo sportivo nelle società dilettantistiche.

Nel calcio, il mondo più sensibile sul tema, i dirigenti si interrogano sugli scenari futuri, non ancora ben definiti. Ma è chiaro che ormai il dado è tratto: si cambierà e bisognerà rimodulare l’attività. È questo il pensiero di Mauro Bernardi, dg del Mariano, una delle due società comasche di Eccellenza, la categoria dilettantistica regionale più importante, con un bel settore giovanile alle spalle. «Da anni dicevo che bisognava prepararci, bisognerà rimodulare tutto e ristrutturare il rapporto con i giocatori, per quanto riguarda la prima squadra. Ma servirà anche una concertazione seria con la federazione».

I temi sul piatto saranno tanti e svariati nell’ambito di questa riforma epocale: «Bisognerà pensare almeno a una tutela per le società nell’anno calcistico, altrimenti ogni società sarebbe in balìa della volontà dei giocatori, e questo non sarebbe giusto. E poi c’è la tematica spinosa dei premi di preparazione». È quindi un bene o un male questo provvedimento di legge? «Qualcosa andava fatto, soprattutto per stoppare chi, senza scrupoli, costringe i ragazzi che vogliono cambiare società a stare fermi o a chiedere cifre esorbitanti per lo svincolo. Ovvio, si dovranno rivedere le quote di iscrizione».

Una voce per ora fuori dal coro è quella di Roberto Soggia, presidente del Valbasca, giovane società di Lipomo: «Sono assolutamente favorevole all’abolizione del vincolo, mentre discuterei sui premi di preparazione. Credo si possa trovare un equilibrio tra la libertà dei ragazzi di scegliere dove giocare e una tutela delle società che li hanno cresciuti».

Un discorso che riguarda giovani e meno giovani: «Abbiamo rinunciato alla Terza categoria, ma ci sono presidenti che trattano giocatori panchinari come merce di scambio e noi non ci stiamo. Il vincolo dev’essere un “plus” per le società, ma solo se arriva una squadra professionistica o una di alto livello tra i dilettanti: in tal caso, giusto liberare il ragazzo, ma anche una cifra equa per la società che l’ha cresciuto».

Il tema sfiora, ma certamente interessa, anche le società più piccole. Come per esempio il Sant’Agata, legata all’oratorio della parrocchia di Como città: «Temo che molte società, per cautelarsi, alzeranno le quote -avverte il presidente Francesco Angelini -: il problema ci tocca relativamente perché siamo piccoli e sani, ma in generale per l’ambiente è uno scossone. Sarà necessario trovare delle formule per evitare di perdere un patrimonio umano e sportivo».

È quindi fondamentale, per i club, lavorare al meglio delle proprie possibilità: «Perché alla fine, se un ragazzo si trova bene in una certa società, difficilmente cambia».

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