Calcio / Como città
Giovedì 03 Marzo 2016
Cech, un’arma in più
per le speranze delComo
Presentato il giocatore slovacco: «Finchè c’è tempo nulla è scontato»
Avere una forza in più, arrivati a questo punto, male di certo non può fare. Dunque il Como ha dato il suo benvenuto ufficiale a Marek Cech, che a Orsenigo è comunque già in attività da un paio di settimane, aspettando l’ok per giocare. Quello formale è arrivato mercoledì, ora si vedrà quando arriverà quello tecnico. Cech non gioca una partita da mesi, ma le sue condizioni fisiche sono buone, e quelle atletiche lo stanno diventando con gli allenamenti.
Del resto, come lui stesso, parlando in inglese per via di un italiano comprensibilmente un po’ stentato - «ma riesco a capirlo...» -, spiega in conferenza stampa, «il calcio italiano consente anche a chi ha la mia età di avere opportunità, nel resto d’Europa è più difficile». In realtà la sua età non è poi così fuori luogo non solo in Italia, ma anche nel contesto del Como: 33 anni, classe 1983. Con la sua esperienza porta anche un curriculum corposo. Con la Nazionale della sua Slovacchia ha collezionato 52 presenze, era in panchina la sera in cui batterono l’Italia al Mondiale 2010. «Come dimenticarmelo? L’Italia era campione del mondo in carica, fu una serata storica», ha vinto campionati e coppe, ha una trentina di presenze in Champions League, ma non si sente a disagio nel dover giocare in serie B e per la salvezza. «Anche l’anno scorso al Boavista sono arrivato a metà stagione, dovevamo salvarci e ci siamo riusciti. Qui è un po’ più difficile la situazione di classifica, ma tutto è possibile. Sono abituato a pensare che non si sa mai quello che può succedere, non penso troppo al futuro e sto concentrato sul presente».
Era allo stadio l’altra sera, «e vedendo giocare il Como mi è sembrata più una squadra da prime posizione che da fondo classifica. La qualità c’è, mancano forse delle piccole cose. compresa un po’ di fortuna. Quello che non manca, per fortuna, è la voglia di impegnarsi della squadra. Vedo tutti convinti nello spogliatoio, non è un gruppo che ha paura di giocare o che si è arreso».
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