«Ciao Como, ti saluto: hai un grande futuro. Peccato andare via»

L’addio di Bovolon: «Tornare in C la soluzione migliore. Cinque anni non si cancellano»

Dopo cinque anni e un tot, e 120 presenze in azzurro, Edoardo Bovolon ha lasciato il Como.E dopo la bufera dell’avvicendamento in panchina, che ha fatto passare in secondo piano la sua partenza, adesso è venuto il momento dei saluti. Necessari per uno che ha iniziato l’avventura in azzurro in serie D, ed è arrivato sino a giocare in B. Non solo: il suo tratto maturo e misurato di persona con la testa sulle spalle, gli ha garantito una stima umana da parte della piazza che è andata al di là dei successi sul campo. Bovolon negli ultimi tempi, specie in B, aveva avuto sempre meno spazio. La sua partenza (verso il San Donato Tavernelle in C) è stata naturale. Ma il dispiacere per la separazione resta.

Ciao Edoardo. Come va a San Donato?

Bene e male. Bene, perché è una piazza tranquilla, con tanto entusiasmo dopo la promozione in B, dove posso tornare a fare quello che mi riesce meglio, il centrocampista centrale. Male perché ho preso una botta e sono fermo. Ma mi riprendo presto. Io ho una età che sta lì un po’ nel mezzo: non sono un giovane da lanciare, non sono un giocatore esperto, anche se ormai sono nella categoria degli over. Ero rimasto al Como anche in scadenza perché ero affezionato alla piazza, e la società mi aveva premiato allungando il contratto. Adesso ero di nuovo in scadenza e stavolta era difficile rischiare un’altra volta.

Via da Como dopo cinque anni.

Non è stato un passo facile. A Como mi sono trovato benissimo, sono maturato, sono cresciuto anche come persona. Cinque anni non è facile cancellarli con un colpo di spugna. Una piazza che mi rimarrà certamente nel cuore.

Dalla D alla B, una bella cavalcata.

Già, non credo che sia una cosa normale, non è capitata a tutti. Forse sono più triste io di quanto sia Como o il Como. Dico la verità, sono uno onesto: mi sarei aspettato un post di saluto, come l’ho fatto io sui miei profili social. Ma sono altrettanto onesto riconoscendo che non era un periodo facile per la società, dunque capisco. In più ho avuto un rapporto di stima reciproca con il dg Ludi che ha sempre creduto in me, e questo mi basta.

Racconta questi cinque anni.

Sono passato dal calcio di Ninni Corda a quello di Wise e Ludi. Beh, non c’è paragone e questo non serve nemmeno che lo dica. Con Corda è stata dura, perché certe tensioni e pressioni non fanno parte della mia maniera di intendere la professione. Ho resistito, e forse qualcosa mi è anche tornato utile. Poi è arrivata una società molto professionale che ti mette nelle condizioni di dare tutto.

Bovolon centrocampista, terzino, difensore, tuttofare...

Io nasco centrocampista centrale. Poi Banchini mi aveva spostato in difesa per esigenza, ma non mi ero trovato male. Gattuso invece mi vedeva esterno della difesa a quattro, ma non mi trovavo bene lì. Però ho una soddisfazione: a Como-Alessandria, la partita promozione, ho giocato terzino sinistro e ho annullato uno come Mustacchio.

Il ricordo più bello?

La partita promozione con l’Alessandria perché non avevamo iniziato la stagione per essere promossi, come era successo due anni prima. Dunque, la vittoria è stata una sorpresa. Ho provato una gioia difficile da descrivere.

Como ti ha apprezzato anche come persona. Almeno così di evince leggendo i social.

Sono uno posato, che sta dove lo mettono. Uno che si dedica alla causa. Forse è stato apprezzato anche questo, almeno lo spero.

Parlavi di questa società: come si viveva dall’interno questo mega progetto in una piazza che spesso fa fatica a rispondere?

E’ scontato che il Como ha un grande avvenire. Credo che andrà presto in serie A e potrà anche restarci a lungo. Io credo che il loro progetto sia slegato dalla reazione della piazza. Piano piano Como ha capito la statura del progetto, e loro credo che andranno avanti comunque, al di là di numeri e risposte.

Che effetto ti ha fatto vedere arrivare Fabregas?

Una bella botta. Eravamo tutti all’oscuro, lo abbiamo saputo dal web. Certo, quando arriva uno che eri abituato ad avere alla playstation..., non è normale. Comunque a chi pensa sia uno in vacanza, dico che invece ha ancora il fuoco dentro. Poi è umile, si è inserito bene.

E tutta l’incertezza legata alla panchina, come è stata vissuta?

Male. Non si capiva bene quale fosse la situazione, c’era una incertezza che non era colpa di nessuno, che ma che inevitabilmente ha pesato sulle prestazioni e sui risultati. Poi la società ha dovuto scegliere e decidere, perché è ovvio che con certi investimenti, il penultimo posto è difficile da digerire. Adesso la squadra potrà ripartire.

È arrivato Longo.

Da avversario, quando l’ho incontrato, ho avuto l’impressione di un allenatore non solo molto bravo, ma molto abile a leggere le partite e a cambiare in corsa. Vista la necessità di cambiare, credo che sia stata fatta un’ottima scelta.

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