Gabrielloni non è sazio
«C’è ancora il Novara»

L’aveva detto dopo la partita di Livorno, «spero che il gol più importante debba ancora arrivare». E ne sono arrivati due: «Visto? Sono stato di parola»

L’aveva detto dopo la partita di Livorno, «spero che il gol più importante debba ancora arrivare». E ne sono arrivati due: «Visto? Sono stato di parola». Alessandro Gabrielloni in questo finale di stagione non ha sbagliato un colpo. E per lui, «che quando sono arrivato a Como tre anni fa una cosa del genere non sarei riuscita nemmeno a sognarla», la felicità per questo traguardo non ha aggettivi abbastanza efficaci.

«Ho passato la giornata di lunedì a rispondere ai messaggi, poi mi sono riguardato la partita, ma sinceramente ancora non ho metabolizzato del tutto quello che è successo...».

Dieci, dodici, dieci, dodici. È il suo numero di gol in tre campionati e mezzo nel Como, dove arrivò nel gennaio 2018. E in fondo il sogno vero era “semplicemente” quello di misurarsi al meglio con la serie C, «per uno come me che di serie D ne ha fatta tanta, la cosa a cui tenevo di più era capire se potevo starci anche in questa categoria, e dopo essere andato in doppia cifra l’anno scorso (anche con qualche mese di campionato in meno, nda) quest’anno poteva essere più difficile perchè dovevo riconfermarmi, e perchè gli obiettivi erano comunque più alti».

Una crescita personale che è andata di pari passo con quella del Como, dalla D alla B. «E dodici gol li ho fatti anche nell’altra promozione. Anche se sinceramente, c’è ancora il Novara, posso ancora migliorarmi. Io non mi tiro indietro anche se è una partita che fortunatamente non ci serve più».

Perchè, spiega il bomber, «il mio carattere è così, non mi accontento mai, cerco sempre di crescere, di fare di più. E questi anni nel Como in questo senso mi hanno aiutato tanto a migliorare. Sono orgoglioso di quello che ho fatto con questa maglia, per questi tifosi, è stato un percorso bellissimo, che mi ha legato tanto a questa città».

Nemmeno due settimane fa la rabbia di non poter andare con i compagni a Olbia, «e forse era destino, ed è stato meglio così, è stata una fortuna. Guardandoli da casa, più distaccato, sono riuscito ad avere poi più forza, anche per sostenerli mentalmente, perchè loro sono tornati distrutti. Paura di non farcela? Forse un po’ sì in quel momento, ma sono sempre stato positivo. La forza arrivava dalla classifica, noi sempre primi. E ogni volta pensavo, e dicevo agli altri, ne è passata un’altra, una partita in meno, e siamo ancora davanti».

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