Gobba li conosce bene: «Io, Longo, Ludi e Jack»

Intervista Oggi ha 43 anni. Ha giocato nella Pro Vercelli con l’allenatore e il ds, e in azzurro xon Gattuso

Paolo Gobba oggi ha 43 anni. Dopo sette anni a curare i camp della Fiorentina, cambierà società tra poco, verso un’altra big. Intanto studia da ds, e ha fatto pure l’agente Fifa. Prodotto del settore giovanile azzurro, lariano di Dongo, al Como ha giocato solo tre anni, dal 1996 al 1999. In mezzo, un drammatico incidente stradale, investito da un’auto a Formentera, un anno per riprendersi. E poi una carriera svolta tra Pro Sesto, Pro Vercelli e Chiasso.

In una delle quattro stagioni alla Pro Vercelli, il 2004-05, Gobba giocava centrale di destra tra Charlie Ludi (alla sua sinistra, secondo centrale) e Moreno Longo, terzino destro. Così lo abbiamo interpellato per farci raccontare l’alchimia di quella stagione tra i due: «Fu una stagione disgraziata, perché eravamo partiti per fare bene e invece ci salvammo ai playout con il Palazzolo. Ma ricordo che eravamo molto uniti, anche proprio come reparto difensivo».

Che tipi erano in campo? «Ludi arrivava dal Prato e doveva ancora andare a Novara. Era molto costante, una sicurezza. Molto calmo, riflessivo, dava sicurezza; Longo arrivava da un brutto infortunio che ormai gli aveva pregiudicato la carriera. Correva come un matto, molto energico, era anche il capitano della squadra e il rappresentante del gruppo presso la società». Che personalità avevano? «Ludi andava d’accordo con tutti. Cordiale, morbido, ma anche riservato, tranquillo; Moreno aveva una personalità più spiccata,era più energico, nel divertirsi ma anche nel prendere di petto le cose». E fuori dal campo? «Non mi sorprende certo vederli oggi in questo ruolo. Ludi era già un dirigente, come portamento. Era molto appassionato di cavalli, forse la sua famiglia aveva un maneggio, ero suo compagno di camera e leggeva sempre di tutto. Longo era già un allenatore. Spaccava il capello sulle situazioni, cercava sempre una lettura. Ludi usciva poco a cena, Longo di più. Però Charlie venne anche al mio matrimonio. E poi eravamo il gruppo delle carte: noi tre e Marchetti giocavamo tutte le sere. Il Como? Lo seguo da lontano. Difficile dire cosa non funzioni, lo chiedo io a voi. I nomi sembrano esserci. Il calcio è strano...»

Tra l’altro Gobba è molto amico di Giacomo Gattuso. Già da giocatore, quando gli dedicò una maglietta d’addio (Jack andò al Catania). «Jack l’ho sempre sentito in questi anni. Era felicissimo di quanto aveva fatto sulla panchina del Como. Poi è successo quello che è successo. Meriterebbe un monumento per quello che ha fatto su quella panchina. Lui non scende mai troppo nei particolari, ma mi ha parlato sempre molto bene della società e anche lui non si spiega la piega che ha preso la stagione. Ma è convinto che si riprenderanno. Se pensa di allenare ancora? Adesso è impegnato a recuperare totalmente da quello che gli è accaduto. Poi sono convinto che vorrà riprovarci, il calcio è una grande passione». Diventarono amici in campo: «Lui era più vecchio di me e mi dava tanti consigli. Per noi giovani difensori era bravissimo. Poi eravamo due comaschi (tre con Zambrotta) in squadra e legammo. Purtroppo quell’incidente stradale rovinò molte cose: eravamo in quattro su un marciapiede e l’auto ci falciò tutti. Io mi ruppi gamba e gomito destri, le ragazze che erano con noi il bacino. Ho avuto la fortuna di debuttare nella squadra della mia città, e di alzare una Coppa Italia di C.».

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