Ludi: «Ne usciamo se reagiamo da squadra»

L’intervista al dg da cui si evince, al netto della difficoltà, anche la fiducia che lo staff, nutre nella possibilità di tirarsi fuori da questa situazione

Carlalberto Ludi, direttore generale e sportivo del Como, ha accettato ieri di fare due chiacchiere sulla situazione del Como. Un Como penultimo, contro ogni previsione reduce da una sconfitta che ha lasciato il segno nella tifoseria. Un intervento molto istituzionale, da cui però si evince, al netto della difficoltà psicologica nell’affrontare la situazione, anche la fiducia che lo staff, societario e tecnico, nutre nella possibilità di tirarsi fuori da questa situazione. Il Como, se era giudicato “forte” in sede di campagna estiva, non solo dai commentatori ma anche dagli stessi dirigenti che avevano condotto il mercato, non può essere diventato un’accozzaglia di ex giocatori, slegati tutti tra loro, come quella che si è vista a Modena

Ludi, com’è il clima in squadra e in società dopo la sconfitta di Modena?

Non è un bel momento, ma c’è in tutti la determinazione assoluta per lavorare e tirarci fuori da questa situazione.

Cosa è successo a Modena?

E’ successa una cosa che non si deve più ripetere, un problema forse di approccio, di mentalità, di applicazione. La partita ci ha preso in contropiede. Ma queste cose si risolvono solo in una maniera: con il lavoro.

E come?

Una reazione di squadra. Tutti devono lavorare per dare qualcosa in più singolarmente e mettere questo “qualcosa” in più a disposizione della squadra, del collettivo. Sembrano frasi fatte, ma è un metodo di lavoro che alla fine darà i suoi frutti.

Come l’ha presa la squadra?

La squadra ha preso un pugno nello stomaco. Sono tutti consapevoli di quello che è successo a Modena, nessuno pensi che la cosa sia passata così, come una sconfitta qualunque. Oggi sono stato al campo e ho trovato un gruppo più che mai convinto di mettersi al lavoro con ancora più energia di prima per raddrizzare la situazione.

Ora le riportiamo un po’ delle tematiche che circolano sul web e nei bar sport.

Ecco bravi, perché io in questi momenti tendo a isolarmi. Ma vi dico anche che risponderò cercando di eliminare i luoghi comuni, che in queste situazioni sono sempre fastidiosi.

Ok. Allora: Longo va avanti con il 4-3-1-2 che aveva debuttato con la Spal, quando però Longo non c’era. Come dobbiamo leggere questo particolare?

Per le questioni tecniche dovete chiedere a lui. Credo che abbia voluto dare continuità a questo percorso, credo che anche lui intraveda una strada in questo senso. Comunque quando si prendono quattro gol da calcio da fermo, parlare di moduli fa un po’ ridere.

E dunque? Tra l’altro non c’è nello staff un apparato specifico per i calci da fermo?

Sì, ma credo che sia stato un problema di approccio, non di tecnica.

C’è chi dice: Baselli e Fabregas non possono giocare insieme.

Io preferisco giocarmela con giocatori forti. Non ci vedo un problema. Dopodiché, come detto, per le scelte parlate con l’allenatore. Figuriamoci se mi metto a giudicare le scelte dell’allenatore.

Avete dato la fascia a Fabregas. Un segnale forte

Fabregas è una persona che ci sta aiutando molto. Perfettamente inserito nello spogliatoio, di grande utilità per il gruppo. La fascia è un segno di riconoscimento. Sabato, non so se avete visto, quando è entrato Bellemo, gli ha ceduto la fascia. L’arbitro lo ha bloccato, perché non si poteva. Se Bellemo sarà titolare, sarà il nostro capitano.

Si dice anche che in B sarebbe meglio avere giocatori più energia e meno di fioretto.

Ripeto: io per qualsiasi traguardo si lotti, preferisco giocarmela con giocatori bravi. Anche questo è un luogo comune. Il C si deve lottare, in B si va veloce... A me sembra che in A si vada più veloci ancora che in B.

Chajia?

Forse non si è capito bene che infortunio ha avuto. Va gestito piano piano.

Il Como è una squadra che lotta per la salvezza?

Altro luogo comune. In questo momento il primo traguardo è toglierci da questa situazione, certo. In questo senso lottiamo per salvarci. Nessuno ha la puzza sotto il naso.

La partita con il Benevento è fondamentale?

Un altro luogo comune. Le partite sono tutte importanti, lo è quella con il Benevento, ma lo sarà anche quella successiva. Se vogliamo rialzarci, dobbiamo inanellare una serie positiva, non solo una partita.

I tifosi sono più delusi che arrabbiati. Perché credono ciecamente in questa società. Ma sabato hanno lasciato lo stadio, un gesto forte. Ci parlerete.

I tifosi sono importanti per noi. Il fatto che ci abbiano seguito in tanti è una bella cosa. Quando abbiamo avuto modo di confrontarci, abbiamo trovato sempre molta disponibilità ad ascoltare, a capire. Questo è bello e importante. Se vogliamo uscire da questa situazione, dobbiamo essere tutti dalla stessa parte, questo mi pare evidente.

Lei ritiene sempre che questa squadra sia forte?

Io credo che abbia il potenziale per togliersi delle soddisfazioni, nella serie B più difficile che abbia mai visto. Credo ancora assolutamente che questa squadra possa decollare. Lo farà se si lavorerà di squadra, se tutti avranno in testa l’unica idea fissa di aiutare il compagno e dare qualcosa in più. Il gruppo che ho visto al lavoro oggi, sono sicuro che la pensa come me.

Si è parlato di gruppo spaccato, o quantomeno sfilacciato.

Il gruppo è coeso e si aiuta, nessun problema di questo tipo.

Altra critica: troppe paillettes e troppi lustrini. Il programma societario e il campo sembrano distonici. Quanto i risultati negativi possono condizionare il progetto extracalcio?

In nessuna maniera. Se si pensa che due sconfitte possano mettere a rischio il progetto profondo di questa società, non si è capito molto.

Cosa dice Wise?

Wise ha sempre una lucidità pazzesca. Sta seguendo con logico coinvolgimento l’evolversi della situazione. Arriverà a vedere Como-Benevento.

Lei ha il doppio ruolo di dg e ds e si dice che per questo spenda troppe energie in troppe direzioni.

Non voglio apparire presuntuoso, saccente o spocchioso, ma mi spiace dire che è un... altro luogo comune. Io sono diventato dg nella primavera del 2021. Siamo stati promossi in B e l’anno dopo ci siamo salvati. Dunque, le cose sono andate benino. Ogni stagione è diversa da un’altra, e adesso è normale che il 100% dei miei sforzi sia dedicato al campo. Ma trovo il tempo per portare avanti le altre situazioni, tra cui lo stadio. Consentitemi di dire, perché ci tengo, che sono orgoglioso di aver avuto un ruolo nel processo che ha portato il Como ad avere un nuovo centro sportivo, un passo storico per la società che rimarrà nel tempo, anche quando non ci sarò più io. Adesso però penso al campo. Bisogna , e parlo per me, morire sul campo, lavorare ogni momento per migliorare e pensare a come poter progredire, per migliorare le prestazioni.

Giacomo Gattuso sta molto meglio.

L’ho sentito recentemente al telefono, l’ho sentito bene. Sono contento.

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