Iovine, il raccattapalle di Oliveira
«Ritorno a Como, che emozione»

Alla scoperta del nuovo acquisto: «Ero a bordo campo in anni belli, è indimenticabile»

È una bella storia, quella di Alessio Iovine. È la storia di un bambino che stava a bordocampo emozionatissimo insieme agli altri giovani raccattapalle a passare il pallone a Lulù Oliveira e ai suoi compagni il giorno in cui il Como festeggiava la serie A, la storia di un ragazzino che a un certo punto preferì tornare a giocare per divertimento con i suoi amici a Bregnano, la storia di un ragazzo che calciatore lo è diventato invece davvero ma che da casa sua non si è mosso mai. E il Como è tornato a chiamarlo, un’altra volta, tanti anni dopo.

«Sono nato a Como, ho vissuto con la mia famiglia a Bregnano, più o meno fino ai vent’anni. Ora vivo a Rovellasca. Nel Como ci sono arrivato a nove anni. Un provino, qualche allenamento a Tavernerio, finchè un giorno mi chiesero di fermarmi, perchè avrei dovuto giocare una partita a Maslianico. Mi avevano scelto, e per cinque anni sono stato un giocatore del Como».

Cinque anni pieni di emozioni, esattamente quelli in cui il Como di Preziosi salì dalla C alla A e ritorno. «Ero in campo nella partita contro il Cittadella, quella finita 4-3, in cui ci fu la festa della promozione in A, indimenticabile. In A non ci facevano fare i raccattapalle, eravamo troppo piccoli. Ma in B l’anno dopo sì... Ricordo tutto, anche la C con quella triste partita finale a Novara...».

E il fallimento, che segnò anche il destino dei giovani, anche il suo. «Al Como furono cinque anni bellissimi, con tanti allenatori bravi, ricordo Galli, Marelli, ho avuto anche Borgonovo, e poi Polistina che mi insegnò tantissimo, Sala, Salvadè... ma quando il Como fallì e poi finì in serie D ce ne andammo via tutti. Io un anno al Meda, ma poi tornai a casa mia, nella Bregnanese. C’erano gli amici che mi rivolevano con loro, c’era la scuola, mi sono diplomato geometra a Cantù, il calcio era solo un divertimento».

Però era bravino, «e mi proposero il Mariano, in Eccellenza a 18 anni. Poi arrivò la serie D con l’Olginatese, e un po’ di problemi per potermi svincolare dalla Bregnanese, alla fine con l’aiuto dei miei genitori riuscii ad acquistare il mio cartellino e a liberarmi».

Tre anni a Olginate, poi la chiamata della Pergolettese in C2. Lo volle il Renate, due anni di contratto, e poi le tre stagioni alla Giana Erminio. «Piazze piccole, ma bellissime esperienze sia professionali che umane».

E per lui stagioni sempre positive. «Fortunatamente sì, quest’anno mi scadeva il contratto, e sono arrivate diverse chiamate. Ma quando ho saputo che mi cercava il Como, beh, che cosa potevo chiedere di meglio? Mi sono emozionato, tutto si incastrava nel modo giusto. Il treno da cui ero dovuto scendere da ragazzino ripassava per la seconda volta...».

A chiamarlo è stato il ds Ludi, «che inizialmente non conosceva la mia storia con il Como, ma si era già segnato il mio nome solo per le qualità che aveva visto in me. Una soddisfazione doppia».

Qualità che ora i tifosi del Como conosceranno, e che lui racconta così. «Nasco come attaccante, seconda punta. Con l’Olginatese il mio mister di allora, Delpiano, decise di sfruttare meglio una delle mie doti, la corsa. E mi provò da esterno. Il mio ruolo ora è principalmente quello. Non conoscevo Banchini, ma l’impatto è stato ottimo. Mi piace molto il suo pensiero tattico. Sono felicissimo».

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