La volata di Polti: «Caro ciclismo, ora torno da te»

L’imprenditore di Bulgarograsso: «Il nostro nome sulla squadra di Basso, emozione grazie a mia figlia»

Gli occhi trasmettono un entusiasmo e una gioia contagiosi. Sentimenti giovani, giovanissimi anche se ora i boccoli biondi hanno lasciato posto ai capelli bianchi. Ma Franco Polti, 78 anni, fondatore della nota azienda di elettrodomestici, cammina a due metri da terra come avesse 20 anni: l’accordo con la squadra di Ivan Basso che lo riporterà sulle maglie del grande ciclismo, al posto della scritta Eolo, dal 2024 lo rende elettrico. Ride, mentre ci mostra le foto di mille successi aziendali e sportivi, e racconta: sembra un bambino nella città dei balocchi. E i balocchi sono i ricordi della sua lunga storia di sponsorizzazione, il ciclismo, il basket, la formula 1, il calcio (anche il Como, con Preziosi). E adesso questa nuova emozione. Ventitre anni dopo. «Sì, mi sembra di tornare giovane. Tutto questo è molto bello». Da quando prese Virenque nella sua squadra, in un momento difficile del corridore francese, da quando la sua squadra vinse il Giro d’Italia con Gotti. E oggi che, dopo aver sponsorizzato la Pallacanestro Cantù (per 5 anni con il ritrno in A1) e il Como (un anno con Preziosi e i playoff persi a Pistoia), metterà il suo nome (con il logo reso più moderno qualche anno fa, con una nuova veste grafica) sulle maglie di due corridori comaschi o naturalizzati tali, come Fancellu e Fortunato.

Ma come è nato l’accordo con Basso?

Merito di mia figlia Francesca. Sono tornato da un viaggio, e mi ha messo una maglia della Eolo sul tavolo. Io non capivo. Poi mi ha spiegato e mi si sono illuminati gli occhi.

Com’era andata?

Mia figlia, che adesso dirige l’azienda, ha postato, in concomitanza dell’inizio del Giro d’Italia, una foto di noi due insieme alla nostra vecchia squadra su un podio . Basso l’ha vista e si sono parlati. Ed è nata questa opportunità.

E lei ha detto sì.

Ho detto sì perché ho conosciuto Basso. Ho ascoltato il progetto, lui si è rivelato una persona seria e preparata. Mi è piaciuto, ma questo lo sapevo già perché si notava da come parlava in tv. Come sarà la maglia? Non abbiamo ancora scelto il colore. Adesso ho anche conosciuto Contador il socio di Basso. Basta il nome.

Lei ha avuto una squadra dal 1994 al 2000. Una grande squadra. Ma se ne era andato, disse, anche per via del doping.

La situazione era più complessa. E’ vero che il ciclismo in quel periodo era più chiacchierato di ora, adesso i controlli sono diversi, hanno fatto grande pulizia, è uno sport sano e sostenibile.

Il ciclismo è una grande sua passione.

Mi ci sono appassionato negli anni della sponsorizzazione. Mi coinvolse Zandegù, che per poche lire mi inserì come terzo sponsor della sua squadra. Poi andai con Stanga, e furono gli anni di Virenque, Bugno, Rebellin e altri campioni.

Cosa le hanno lasciato quegli anni?

Ricordi indimenticabili. E storie pazze. Quando prendemmo Virenque, la conferenza stampa alla Defence di Parigi durò dalle 11 di mattina alle 23. Dissi ai miei: i soldi della sponsorizzazione li abbiamo già recuperati. E quando passavo in ammiraglia durante la corsa, c’erano i cartelli con scritto “Merci monsieur Polti”, perché facevo correre un corridore francese idolo delle folle. Da non credere.

Poi?

Poi le vittorie, e un nome che diventava sempre più famoso. Siamo arrivati al punto che in una trasmissione della tv francese due comici imitavano me e Virenque... Che ridere.

E queste maglie appese nella sala riunioni...

Un’altra sorpresa di mia figlia. Da quando abbiamo firmato, hanno sostituito i quadri che erano appesi lì. C’è la maglia dello scalatore a pois vinta al Tour da Virenque, la maglia di campione del mondo di Martinello su pista, e soprattutto quella di Gotti che ha vinto il Giro d’Italia con noi nel 1999.

Quello della squalifica di Pantani.

Eh già...

Per lei il ciclismo è diventato una passione personale.

Sì. Andavo in bici. Anzi, ci vado ancora, anche se con le precauzioni dovute all’età. E poi ricordo con gioia la Gran Fondo che organizzammo, una delle prime, che alla terza edizione aveva 1800 partecipanti e dovemmo interrompere perché stava diventando ingestibile.

Ciclismo, basket, Formula 1, calcio, vela. Facciamo un po’ d’ordine tra i suoi amori?

Dal punto di vista personale, sono tutti simili. Il ciclismo e il calcio sono al primo posto, perché sono un grande tifoso della Juve e sino a due anni fa andavo a vedere anche le trasferte di Coppa. Poi sono stati fatti degli errori, il più grosso lasciare andare via Marotta. La vela è un bel divertimento, abbiamo vinto una coppa del Re, e quando Contador ha visto la foto è rimasto basito e ci ha applaudito. E poi mio figlio Stefano è un grande velista. La formula 1 deriva dal mio amore per le auto e per la guida. E anche il basket è divertente. Ma se parliamo di sponsorizzazioni, la classifica è più netta.

Dica.

Io ho tre figli, ma il quarto figlio è l’azienda. E dunque certe operazioni sono fatte per farla crescere. E il ciclismo batte tutto. Il ciclismo ha risonanza mondiale e tutti chiamano la squadra con il nome della tua azienda: durate le telecronache in mondovisione ad esempio. Il calcio non ti da tanto spazio, la formula 1 ti dà immagine, basket e vela sono più di nicchia. Ma il ciclismo, un Giro o un Tour, è come una Olimpiade. E c’è il tuo nome.

Ok, ma il basket con Cantù o il calcio con il Como?

Il basket è stato divertente, abbiamo il record di 11 vittorie consecutive. L’esperienza con il Como è durata un anno e quasi non me la ricordo. Ma mi ricordo bene che in una paio di occasioni sono stato vicino a prendere la società. Comunque sono state due operazioni in cui abbiamo partecipato allo sport del territorio e mi fa piacere.

Che ricordi ha della formula 1?

Beh. l’operazione Schumacher resta nella mia storia. Ho il suo casco e la sua tuta qui. Saperlo in quelle condizioni mi fa stare male. L’ho conosciuto bene, un ragazzo molto intelligente, molto rispettoso. Ricordo che andava a letto alle 9.30, e alle serate con gli sponsor se sgarrava l’orario era infastidito.

Vero che lo consigliò lei a Briatore.

Sì. Ero già sponsor del suo team Benetton e gli dissi che avevo visto un fenomeno sulla Jordan. Lui mi disse che lo conosceva, ovviamente, ma che costava troppo. Poi lo prese, e io feci una scommessa con Flavio: se Schumi vincerà il mondiale, tu mi farai un sconto sulla sponsorizzazione. Schumi vinse il mondiale, ma Briatore non mantenne la promessa. Poi io andai alla Jordan.

Il ricordo più bello?

Il mondiale vinto con il nostro nome sulla tuta. Ma ho un altro ricordo un po’ bello e un po’ comico. Quando facemmo la festa a Novedrate con il Team Jordan e la squadra di basket, quel matto di Irvine mi prese per la cravatta e mi tirava e tirava, e non si accorse che io stavo soffocando...

Pronto a tornare in ammiraglia?

Prontissimo. Non vedo l’ora. Grazie a Francesca...

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