D’Angelo: «Il rilancio dello sport
a Como passa per le competenze»

Parla il neo delegato del Coni provinciale: «Abbiamo tante eccellenze, sfruttiamole»

Il cuore batte a mille all’ora al pensiero di papà Raffaele, imprenditore di successo e uomo di sport, portato via qualche mese fa dal Covid, poco prima - dramma nel dramma - della moglie. E Niki D’Angelo, che dalla malattia ne è uscito da qualche giorno, dal padre ha preso le passioni e dalla madre i valori più veri, della vita e dello sport.

Più che comprensibile, a svelarci anche il lato umano di un uomo generoso, quel singhiozzo a metà chiacchierata. Con una pausa. «Papà e mamma - dice il neo nominato delegato Coni di Como - me l’hanno sempre detto: tu sei nato fortunato, i tuoi figli lo stesso. Ricordati che è sempre il momento di dare agli altri un po’ di quello che hai...».

Lezione importante ed eredità pesante, dunque...

Ma è un insegnamento che non ho mai dimenticato e che ho applicato nella vita, nel lavoro e nello sport. E devo essere onesto: i miei più stretti collaboratori, che sono quelli di mille battaglie, me lo hanno sempre riconosciuto.

Anche in questi giorni non deve essere stato facile gestire il flusso di chiamate.

Una cosa incredibile. Mi hanno telefonato, e lo stanno ancora facendo, dai posti più impensati. E non credete che si tratti di gente che spera di salire sul carro dei vincitori, qui ci sono in ballo gli amici veri.

Da dove comincerà questa avventura?

Dai presidenti delle Federazioni. Chiedendo loro che mi portino a parlare con i responsabili di ogni società. Il Covid ha ribaltato tutto, non ci sono più certezze e mancano garanzie. Il futuro è un’incognita. Lo so bene io che il presidente l’ho fatto: le strette di mano e il sostegno morale gratificano, ma non aiutano tantissimo.

Cosa si può fare?

Verificare tutti insieme le necessità reali e attuali. Conoscere a fondo i protocolli e le loro applicazioni, soprattutto dal punto di vista economico. Dare un supporto e un sostegno al tessuto sportivo provinciale.

E come?

Andando a bussare a tutte le porte possibili e immaginabili e coinvolgendo Federazioni e istituzioni, non solo sportive. C’è bisogno di ripartire, non lasciando indietro nessuno. E serve farlo solo con una grande intervento di massa, come ha detto il mio presidente regionale Marco Riva.

Non lasciare indietro nessuno cosa significa?

Oltre allo scandagliare realtà per realtà, occuparsi degli sport cosiddetti minori, ma che minori non sono e ve lo dice uno che ne ha bazzicati per anni sul campo. In questo momento sono forse loro quelli più in sofferenza. E oltretutto non hanno forse la voce per poterlo dire.

Ci sono anche tante fragilità, capitolo al quale lei tiene molto.

La parola inclusione sarà uno dei capisaldi della mia gestione. E con inclusione penso a centinaia di atleti, famiglie e società che si battono per far competere i ragazzi meno fortunati.

Valori forti, questi.

Sono quelli che mi hanno insegnato le esperienze al Panathlon e al Rotary. Prendete il fairplay, la stella polare panathletica. Dovrà anche essere nel codice del Coni di Como: una serie di comportamenti virtuosi che portino a risultati concreti. Anche per un discorso di un’educazione civica, che vorrei riprendere dai più piccoli o, come si dice oggi, educazione social. Ma se alla base di tutto ci sono sano comportamento e rispetto, si parte già belli avvantaggiati. Mi piacerebbe che si imparasse sempre di più a gestire la sconfitta, e non solo la vittoria.

Ha già pronta la squadra?

Ci sto lavorando, ed è per quello che preferisco non fare nomi. Ormai ci siamo, ho già ricevuto la disponibilità di molti. Partirò inizialmente con il recuperare quelle figure professionali di alto livello che se n’erano andate. Aggiungendone ovviamente delle altre e delle nuove.

Sarà una squadra forte?

Sarà una squadra che condividerà i miei ideali. Mi piacerebbe, ad esempio, mutuare l’esperienza nella Commissione impianti che presiedo al Panathon di Como. Capire la situazione, predisporre un censimento e verificare le condizioni. Dove c’è da sistemare e cosa c’è da ripristinare.

Per fare ciò dovrete tessere rapporti anche con i Comuni e le istituzioni.

Certo che sì. Bisogna riprendere in mano la situazione, capire che niente sarà più come prima, ma che bisognerà farsi trovare pronti alla ripresa, che non è detto che sia così lontana. Il rapporto Coni-istituzione deve essere forte, franco e leale.

Qual è il suo motto?

Faccio uscire il rotariano che c’è in me, visto che ho fatto anche il presidente: servire al di sopra di ogni interesse personale.

Si sente pronto?

Lo dice la mia storia imprenditoriale e sportiva.

A proposito di sport, quanto lo aiuterà l’esperienza accumulata su campi diversi, dal canottaggio al calcio?

Tanto, e mi pare evidente. Aver fatto soprattutto il dirigente, oltreché il presidente, mi servirà ad anticipare e comprendere quali saranno le reali esigenze di questo mondo.

E dalle sue esperienze professionali cosa mutuerà?

Principalmente l’organizzazione. Ho un sistema mio altamente collaudato e che mi è stato riconosciuto anche dai collaboratori, negli anni. Quindi applicherò quei codici alle gestione del Coni.

Ha già preso possesso della situazione?

Sono da poco tornato “negativo” dopo uno sviluppo della malattia molto cruento e quindi ritengo di essere molto ben immunizzato.Ma la brutta polmonite ha bisogno di una convalescenza senza sgarri. Ho già scambiato messaggi con la segreteria e aspetto di sancire il passaggio di consegne anche per capire se ci sono discorsi aperti che vanno completati o conclusi.

Non che la sede fisica di viale Masia costituisca un bel biglietto da visita per la Casa dello Sport...

Lo so bene, perché la frequento per via dell’attività con il Panathlon. Appena si potrà, l’intenzione è quella di farmi un giro in tutti i locali per capire lo stato dell’arte e quale margine di manovra si possa avere per apportare le migliorie.

Nessuno come il Coni, però, basa la propria attività sui risultati, che hanno proiezione non solo quadriennale con le Olimpiadi, ma anche con Mondiali, Europei e con tutta l’attività coordinata all’interno.

Su questo non ci piove, lo sappiamo bene tutti che a misurarci sono le medaglie, le prestazioni e i record. Ma io non vedo un discorso etico ed educativo e uno sportivo disgiunti. Anzi, ai risultati si arriva più facilmente se alle base c’è uno sviluppo dei valori. I risultati sono direttamente proporzionali a quanto si è seminato. Lavoriamo bene e con insistenza sul territorio e miglioreremo anche le prestazioni. Per fare ciò, mi circonderò di professionisti seri e competenti e Maestri dello sport, che ho già individuato e contattato.

È fiducioso?

In provincia ci sono eccellenze sportive che aspettano solo di essere valorizzate. A partire da chi aveva perso l’entusiasmo o che per colpa del Covid era stato messo ai margini, ma ora ha voglia di riscatto.

Ma davvero proprio tutto non sarà come prima?

Qualcosa ci sarà di grande aiuto anche dopo, e penso alla tecnologia che ha accorciato le distanze nei contatti. Il mondo è cambiato, le famiglie sono cambiate, l’approccio è cambiato: spetterà noi far tornare la voglia di sport e di divertimento.

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