Torniamo a Torino: c’è stata una lunga vigilia del torneo, siamo stati velocissimi a uscire dal palasport che per noi è stato solo preolimpico e non olimpico.
Non mi piace fare la Cassandra, però si era capito che la pressione messa sulla squadra dalla Fip, dallo stesso Coni, unita all’abbraccio sincero e affettuoso da parte di gente arrivata da tutta Italia, vestita di azzurro senza che nessuno lo avesse chiesto come invece aveva fatto Antonio Conte, poteva determinare un flop.
E così è stato per la più inconfessata delle ragioni: la nostra è una squadra di montati, di sopravvalutati, e ovviamente il giudizio è riferito principalmente ai giocatori Nba, ed esteso a Gentile.
Tutti a dire che Messina ha solo parlato di difesa e di un passaggio in più , senza realizzare questo manifesto in campo, dimenticando che il messaggio era lo stesso di Repesa, allenatore di una Milano che avrebbe dovuto vincere lo scudetto in carrozza in 4 partite e invece si è trascinata fino a gara 6, per la stessa sopravvalutazione di cui ha sofferto l’Italia.
Gallinari ha una dote: è capace di costruire ottimi rapporti con i media. Bargnani? Di lui ricordo, ancora scandalizzato, una dichiarazione in cui disse che non sapeva come avrebbe potuto spendere tutti i soldi che gli davano. Belinelli? Dopo l’anello, che ha vinto in una stagione in cui ha dominato, ancora affamato, pure la gara di tiro da tre, anche se parzialmente scusato dalla maschera, mi è sembrato che abbia cominciato a giocare per il suo ego. I nostri tre punti di forza, secondo vulgata, erano questi.
I migliori sono stati invece due, Hackett e Melli, che andando all’estero hanno fatto quello che mette paura agli altri: un bagno di umiltà, un trattamento che dovrebbe essere obbligatorio per tutti.
Hackett e Melli sono usciti volontariamente dalla bambagia, si sono messi in discussione, e hanno vinto. Sono un esempio? La domanda è retorica tanto la discussione è stata facilmente orientata verso altro.
La riflessione completa sulla Provincia di lunedì 18 luglio
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