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Motociclismo / Como città
Domenica 03 Gennaio 2021
Cerutti: «Mi manca la Dakar
Anche le cose brutte»
«Mi manca l’adrenalina che provi per tutte le settimane di gara; l’entusiasmo della gente, che ti spinge con una allegria speciale; la fatica»
Jacopo Cerutti è a casa. Ieri è partita la Dakar, la maratona motoristica tra le lande (stavolta) dell’Arabia Saudita. Ma lui, per la prima volta dopo 5 anni, non c’è. Aveva scelto di correre la consorella Eco Africa Race, che è stata annullata per il Covid. Dunque, eccolo lì sul divano, nella sua casa di Montorfano, il telecomando in mano a fare nervosamente zapping: «Non vorrei nemmeno vedere un minuto in tv, della Dakar, perché mi viene il nervoso. Ma mi conosco, e guarderò i resoconti filmati di tutte le tappe...». Cosa resta nel diario delle sue Dakar precedenti? E ci tornerà? Risposta facile.
Allora Jacopo? Una beffa eh...
Avevo deciso di cambiare gara anche un po’ per la stranezza della stagione. Sarei tornato alla Dakar l’anno prossimo. Il mio Team, il Solaris, voleva provare l’esperienza africana. E anche io ero incuriosito: dicono che la sensazione di solitudine che ti dà il Sahara non c’è da nessun’altra parte. Centinaia di km di nulla alla tua destra, alla tua sinistra, davanti e dietro. Ho fatto i deserti del Perù, del Sudamerica, dell’Arabia Saudita, del Marocco, della Tunisia. Ma dicono che è diverso. In Africa si fa un rally molto di navigazione, che poi sono le mie qualità più importanti. Invece niente.
Cosa ti manca della corsa?
Tutto. L’adrenalina che provi per tutte le settimane di gara; l’entusiasmo della gente, che ti spinge con una allegria speciale; i luoghi incredibili che affronti; persino la fatica, quando arrivi totalmente distrutto e sai che ti aspetta una giornata altrettanto dura, e vorresti piantare tutto ma vai avanti.
La Dakar mancherà meno alla tua famiglia...
Beh, papà mi seguiva sempre, si occupava della logistica, si faceva un bel mazzo, ma credo che alla fine manchi anche a lui. Mia mamma e la mia fidanzata invece girano per casa con un sorriso grande così. Le capisco: fossi io a casa ad aspettare uno che fa la Dakar, non sarebbe piacevole. Ma io corro, per fortuna...
Cinque Dakar di fila.
Un 12° posto, un 20° ma migliore degli italiani, un 22° con problemi di ogni genere e infine due ritiri per caduta. E la sensazione ogni volta di essere lì a un passo dalla top ten. Sono sempre andato là per migliorare. L’anno del 20° stavo andando forte, l’anno del ritiro per il sasso ero in classifica con gente arrivata alla fine attorno alla decima posizione.
Facciamo un podio delle tue emozioni?
La caduta del 2019 è stata tosta: a 130 all’ora, un sasso preso in pieno mentre ero in una nuvola di polvere. Come se mi avessero tolto la moto da sotto il sedere. Non so come abbia fatto a non farmi nulla. Vai alla cieca, nel gruppone delle moto, e pensi: “adesso prendo un sasso...” E infatti... Bel rischio. Quando ho visto la distanza dalla moto per terra alla zona di impatto mi sono spaventato.
Poi?
La caduta del primo anno, quando andavo bene e mi sono solo un attimo rilassato, in un passaggio sul greto di un fiume. Noi andiamo sempre in piedi sulle pedane, lì mi sono seduto sulla sella. È bastato un attimo e bam... scivolata su un sasso e spalla lussata. Mi sono portato dietro il dolore per un po’, non riuscivo nemmeno ad abbassare la zip della giacca. Una sofferenza.
Terza fotografia?
I 40 km. sul cerchione di un anno fa. Non so come ho fatto. Immaginatevi voi: ho bucato, ho provato ad andare avanti ma era impossibile. Allora ho strappato la gomma dalla ruota, che non è l’operazione più semplice del mondo, e ho proseguito senza.
Mai avuto panico?
Si prova anche quello. Per esempio quando ti perdi, vai avanti e indietro, passi dallo stesso punto girando in tondo, non trovi le indicazioni rispondenti al roadbook, e intanto calano la benzina nel serbatoio e il sole all’orizzonte, beh... ti viene la frenesia. Una volta sono rimasto solo nel deserto senza benzina. Passavano i concorrenti, ma tutti facevano segno con la mano come dire “non ne ho più nemmeno io” e tiravano dritti. Lì ti sale l’inquietudine. Comici a dire “ma troverò il modo di rientrare?”. Ma fa parte della corsa.
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