Dottoressa Cialfi, addio e lacrime
«Tecnoteam, è stato molto bello»
Per la ventisettenne il il commiato dalla pallavolo ad alto livello, per poi tuffarsi nella professione medica per cui tanto ha studiato
L’ultima partita ufficiale prima dell’addio ha coinciso, suo malgrado, con la sconfitta in casa contro Sassuolo.
Un addio, il suo, che arriva a nemmeno 27 anni d’età, una scelta preso nel pieno della maturità sportiva che, per Caterina Cialfi, rappresenta il commiato dalla pallavolo ad alto livello, per poi tuffarsi nella professione medica per cui tanto ha studiato.
E così, l’eliminazione anzitempo della Tecnoteam dai playoff ha significato per la sua palleggiatrice l’abbandono di quello sport che ha abbracciato fin da bambina e che ha portato avanti, instancabilmente, fino a quando ha potuto. Ora, il passaggio a specializzanda in medicina d’urgenza ed emergenza all’ospedale Sacco di Milano, incarico che, nei fatti, sarebbe diventato incompatibile con un’attività sportiva d’alto livello.
«Sono felicissima, orgogliosissima di aver concluso così, al di là della sconfitta conto Sassuolo», racconta la diretta interessata con gli occhi di chi sa di lasciarsi alle spalle una fetta significativa della sua vita. Milanese di nascita, classe 1995, Cialfi è partita da giovanissima a Busto Arsizio, nell’orbita dell’A1, per poi trasferirsi a Vicenza (A2), tornare alla Yamamay in A1, passare alla Futura tra B1 e A2, per poi fare la stessa cosa, da ultimo, ad Albese con Cassano.
« Abbiamo costruito tanto, è stato un anno impegnativo, sebbene non lunghissimo. Siamo state brave a fare tanti passi in avanti, e anche qualcuno indietro. Ci siamo riprese sempre e posso dire di essere soltanto molto orgogliosa», racconta.
Per lei, fiori in campo al termine dell’ultimo match al PalaFrancescucci, lacrime e sorrisi da compagne e staff e una maglietta celebrativa a ricordo di quella passione che, comunque, porterà nel cuore per sempre.
Ultimo pensiero per la società e per quel presidente, Graziano Crimella, che «ha creato un bell’ambiente, un bel gruppo, un bel posto».
Da qui in poi niente più divisa da gioco, ma un camice bianco pronto ad aiutare chi arriverà al pronto soccorso. Uno snodo importante, da vivere appieno così come del resto fatto nel mondo del volley.
A.Gaf.
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