Hockey / Como città
Sabato 12 Dicembre 2020
Morini, un comasco a Lugano
«Qui è l’università. E che derby...»
Parla l’attaccante azzurro cresciuto nell’Hockey Como
La serie A di hockey svizzera è da sempre un punto di riferimento per gli appassionati lariani. Il campionato di hockey per anni è stato la stessa cosa, in senso inverso, del campionato italiano di calcio per gli svizzeri: qualcosa da vedere in tv, il sabato e la domenica sera. Anche di là dal confine adesso è un campionato di hockey su ghiaccio anomalo. La pandemia ha ridotto gli spettatori per le partite e adesso ha messo il Lugano in quarantena.
Nella società ticinese gioca, dal 2011 (ha iniziato nelle giovanili) l’attaccante Giovanni Morini. Il comasco è in prima squadra dal marzo 2015 ed ha anche 42 presenze nella nazionale maggiore italiana. Un “veterano” a soli 25 anni.
«E’ strano giocare senza il pubblico o al massimo con 30/50 spettatori -spiega -. Noi giocatori ne risentiamo in maniera importante. Il tifo, nel nostro sport, ti dà la carica e ti trasmette emozioni. Nel silenzio dei palazzetti è tutto più difficile».
In Svizzera l’hockey è lo sport nazionale. A Lugano tutta la città vive per le partite. Alla Corner Arena, che poi sarebbe la mitica Resega, c’è sempre il tutto esaurito, con 7.000 presenze.
I nostri tifosi oltre ad essere tanti sono anche molto caldi. Spingono sempre la squadra e alla fine diventano un fattore determinante. Noi viviamo tante emozioni che mancano negli incontri con gli spalti vuoti.
Una partita speciale è il derby con l’Ambrì Piotta. Come si vive?
E’ un match diverso da tutti gli altri. Per far capire agli italiani è paragonabile, per attesa e per come viene affrontato, ai derby di calcio più importanti, come Inter-Milan. L’intera città -anzi due, visto che gli stessi sentimenti si vivono ad Ambrì -è in fermento. Nei palazzetti poi l’atmosfera è incredibile. Entrambe le tifoserie trasmettono tantissima energia. Sono partite che ogni giocatore di hockey vorrebbe giocare. Le tifoserie mamdano in scena le coreografie, come siamo abituati noi nei grandi derby del calcio.
Soprattutto i ticinesi?
Non solo. Anche chi, come me, è cresciuto nelle giovanili del Lugano, non vede l’ora dei derby. Sono delle partite a sé. Non importa la classifica o lo stato di forma. Si devono giocare sempre al massimo. Purtroppo gli ultimi, a causa del Coronavirus, sono stati molto diversi, senza l’atmosfera di festa e di emozioni.
A Lugano i giocatori di hockey sono degli idoli? Capita che, quando ti riconoscono, ti fermino per strada?
Si ogni tanto. Ma non è niente di eccessivo. Qualche tifoso ti ferma, per scambiare due parole. Tutto qui. Noi giocatori facciamo parte di una grande famiglia. Allargata a tutta la città. I tifosi sono molto legati alle radici ticinesi e lo siamo anche noi.
Così è venuto spontaneo anche impegnarsi, in prima linea, nella pandemia per aiutare i cittadini in difficoltà?
Certo. La città è la nostra famiglia. E così noi giocatori abbiamo fatto qualcosa. Portare degli aiuti concreti a chi non poteva uscire; fare delle raccolte e solidali. Ci siamo anche ridotti l’ingaggio. La nostra sarà una piccola comunità, ma è molto unita.
L’hockey in Svizzera:qual è il livello internazionale?
Uno dei migliori al mondo. Ovviamente dopo quello nord americano. E’ all’altezza – e probabilmente anche meglio -dei campionati del nord Europa.
Un’esperienza fondamentale per un giocatore italiano. Ma non hai mai pensato di provare in un’altra nazione?
Non ne vedo il motivo. Qui il livello è alto e il Lugano poi ha sempre dei progetti ambiziosi. Ogni stagione ci prepariamo per vincere e per entrare tra le prime quattro della regular season.
La nazionale italiana. Che differenze vedi con il Lugano?
Soprattutto la mentalità. A Lugano, come ho detto, ogni giocatore scende in campo per vincere. Abbiamo un obiettivo ambizioso. In nazionale, invece, quasi sempre giochiamo per non retrocedere nella categoria inferiore.
Quindi c’è meno emozione a giocare in Nazionale?
Assolutamente no: ce n’è tantissima. Per me giocare con la maglia azzurra e un onore ed un onere. Ci tengo tantissimo.
In cosa deve cambiare l’hockey in Italia?
Deve crescere, anche nei numeri. E’ difficile competere con nazionali che hanno un bacino di utenza molto più grande del nostro. Quasi sempre l’Italia nelle competizioni internazionali è la nazionale che ha meno tesserati. Dobbiamo crescere ancora molto. Un fattore importante è sicuramente quello dell’affluenza nei palazzetti. Più gente viene, più c’è tifo e più c’è la possibilità di alzare il livello del nostro hockey. E poi, altro fattore importante, si potrebbe andare verso la possibilità di avere atleti professionisti, a tempo pieno. Potrebbe essere positivo
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