Nel Mediterraneo 42mila arrivi illegali tra gennaio e aprile 2023, è record

Bruxelles - Gli ingressi illegali sulla rotta del Mediterraneo centrale sono aumentati a quasi 42.200 nel periodo gennaio-aprile 2023: si tratta di un dato quadruplicato rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, raggiungendo il livello più alto da quando Frontex ha iniziato a raccogliere dati nel 2009. A riportare le cifre aggiornate è la stessa agenzia per il controllo delle frontiere esterne Ue in una nota. La rotta rappresenta così "poco più della metà degli attraversamenti irregolari nell'Ue fino a quest'anno", ovvero "circa 80.700, quasi il 30% in più rispetto a un anno fa e il totale più alto per il periodo gennaio-aprile dal 2016".

"I gruppi criminali di contrabbandieri utilizzano sempre più spesso imbarcazioni metalliche di fortuna assemblate frettolosamente a poche ore dalla partenza; spesso i pescherecci trainano queste imbarcazioni metalliche verso l'isola italiana di Lampedusa, la loro destinazione principale", nota Frontex. "Questa rotta ha rappresentato poco più della metà degli attraversamenti irregolari nell'Ue quest'anno. Il Mediterraneo centrale ha guidato tutto l'aumento del 28% dei rilevamenti totali di quest'anno mentre le altre sette rotte principali hanno registrato cali che vanno dal 7% al 47%".

I gruppi della criminalità organizzata "stanno approfittando della volatilità politica in alcuni Paesi di partenza per aumentare il numero di migranti che trasportano attraverso i confini dell'Ue", prosegue Frontex. "In risposta, più di 2.400 agenti dei corpi permanenti e il personale di Frontex partecipano alle operazioni per proteggere le frontiere esterne dell'Ue oltre a sostenere gli Stati membri e i Paesi limitrofi che affrontano varie sfide alle frontiere esterne". Sebbene i siriani siano stati finora "la nazionalità più frequentemente rilevata quest'anno", con il 17% del totale su tutte le rotte migratorie, il loro numero "è diminuito negli ultimi mesi a favore dei cittadini dei Paesi subsahariani". Il numero di ivoriani è infatti "aumentato di otto volte e le registrazioni di cittadini della Guinea "sono quintuplicate". I rilevamenti di cittadini afghani "sono diminuiti di poco più della metà".

Il contenuto è gratuito ma soggetto a restrizioni d'uso. Si prega di consultare le nostre FAQ per conoscere le condizioni d'uso.
Cliccando su download/embed, dichiari di aver letto e di rispettare i termini di utilizzo.

Nel frattempo il ministro degli Interni italiano, Matteo Piantedosi, ha incontrato a Tunisi il ministro dell'Interno Kamel Feki e il presidente della repubblica tunisina Kais Saied per affrontare il problema delle continue partenze dallo Stato magrebino, diventato la rotta principale per migliaia di persone verso le coste di Sicilia e Calabria. Sul tavolo: forniture, assistenza, supporto nell'intelligence e programmi congiunti di rimpatrio per tentare di fermare i trafficanti di esseri umani e l'aumento dei flussi di migranti irregolari. Il bilaterale tra il titolare del Viminale e Feki, che segue la visita dello scorso 27 aprile da parte della commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, segna un ulteriore step del percorso di collaborazione con l'Italia, primo Paese di approdo dell'Unione. Una tappa che però, a differenza di quanto era stato annunciato qualche mese fa, segna almeno per il momento uno slittamento di quella missione congiunta annunciata qualche mese fa con Francia e Germania.

Formazione del personale e nuovi mezzi potrebbero essere la sostanza dei nuovi aiuti. Come già successo per la Libia - se richiesto - potrebbero essere fornite motovedette o anche droni per potenziare il pattugliamento e mezzi più tecnologici per i controlli. Non solo.

L'Italia e altri Paesi potrebbero anche mettere a disposizione uomini per la formazione specifica delle forze di sicurezza locali che saranno impegnate alle frontiere, mentre è stato già condiviso un metodo di lavoro, con forme più intense di collaborazione anche sul piano investigativo. Il Paese magrebino è però solo un territorio di transito per salpare verso il Mediterraneo, mentre i profughi che partono sono originari di Congo, Camerun, Nigeria, Costa d'Avorio e Guinea, Sierra Leone, Siria, Marocco e Burkina Faso. Dall'inizio dell'anno il numero è cresciuto al punto da indurre il governo italiano a dichiarare lo stato di emergenza nazionale: il flusso totale di arrivi sulle nostre coste è di oltre 45mila migranti, di cui 25mila attraverso la rotta della Tunisia, ma soltanto 3mila sono tunisini. E l'attività delle autorità locali già messa in campo finora è stata ampiamente riconosciuta dal titolare del Viminale. "La Tunisia ha compiuto uno sforzo rilevante per sorvegliare le frontiere marittime e terrestri, per contrastare le reti di trafficanti e confiscare le loro imbarcazioni, per soccorrere in mare i migranti e riportarli sulla terraferma prestando loro assistenza", ha spiegato Piantedosi, che per la prima volta ha incontrato di persona Fekih, nominato nuovo ministro dell'Interno lo scorso 18 marzo, dopo le dimissioni dell'ex titolare del dicastero, Taoufik Charfeddine. L'aspetto della sicurezza sarà però affiancato al potenziamento dei programmi congiunti di rimpatrio volontario assistito dalla Tunisia verso i Paesi di origine dei migranti. La cooperazione riguarderà anche i cosiddetti flussi regolari, con l'attivazione di canali legali di migrazione in Italia per istruzione e lavoro, ma anche per vulnerabili bisognosi di protezione internazionale. Resta sul fronte europeo il sostegno al percorso di riforme della Tunisia, attraversata da una turbolenta fase di crisi. Dall'Unione dovrebbe arrivare una prima tranche di 110 milioni di fondi in questo senso, consapevoli che il cambiamento sarà graduale e non potrà essere immediato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA