Cantù, bottigliate contro l’auto
«La baby gang voleva far male»

Il racconto di una donna che ha assistito alla rissa di sabato sera. «Una quindicina di ragazzi, con mazze da baseball. Ho chiamato il 112»

Una bottiglia di vetro tirata nel gruppo, ma finita contro il paraurti di un’auto. Urla minacciose. E calci e pugni volati tra i due gruppi. Via Ariberto, nel mentre, si è di fatto bloccata per la rissa. Alcuni automobilisti, spaventati all’idea di passare a fianco del gruppo fuori controllo, si sono fermati prima. Accecati dall’odio, soprattutto, i giovanissimi della baby gang: una quindicina di ragazzi. Contro un altro gruppo di giovani più o meno dello stesso numero. In mano, mazze da baseball. Destinate a frantumarsi, di lì a poco, anche contro uno stabile. Con rabbia.

Spunta una nuova testimonianza sui fatti commessi dalla baby gang sabato sera, in pieno centro. A riferire quanto accaduto, è una donna che ha assistito ad alcune scene. Due gruppi di ragazzi contrapposti. Il pericolo di una violenza anche più estesa, rispetto ai 7 punti di sutura alla testa a cui un ferito è stato costretto. Oltre a una bottigliata schivata, peraltro, anche da un’altra persona.

La testimone

La testimone - della quale La Provincia conosce le generalità: chiede di non diffondere il proprio nome e cognome per una questione di sicurezza - è stata tra coloro che, con senso civico, vista la situazione, hanno chiamato il 112. «Ho chiamato i Carabinieri, il 112, alle 23.55. A poche decine di metri da piazza Garibaldi - racconta - c’erano una quindicina di ragazzini. I Carabinieri avevano ricevuto già un’altra telefonata: stavano arrivando. Oltre ai ragazzini, c’era un altro gruppo di ragazzi. Fra tutti, ci saranno state una trentina di persone, all’incirca all’altezza di via Archinto. Qualcuno si è bloccato con l’auto mentre procedeva lungo la via. Una di queste auto ha fatto retromarcia, per evitare di avere i ragazzi sul cofano. Uno dei ragazzini aveva in mano una bottiglia di vetro. Non l’ha tirata per colpire: se le stavano lanciando fra loro. Una bottiglia a un certo punto è finita sul paraurti anteriore di un’auto».

«Calci e pugni, poi sono spariti»

Anche altre auto si sono fermate. «Hanno preferito, a differenza di altri, non scendere lungo via Ariberto», aggiunge. I ragazzini, poco dopo, sono scappati. «Hanno iniziato a disperdersi - dice - nel frattempo è arrivata anche l’ambulanza, che però non ha caricato nessuno: se n’erano già tutti andati».

«Non erano soltanto dei ragazzini agitati con in mano delle mazze da baseball - spiega la donna - Erano animati dalla voglia di fare del male. Sono uscite delle offese indicibili. Sono volati calci, pugni. All’inizio pensavo fosse un’aggressione. Ma poi ho capito che quella che stava avvenendo era una rissa. Loro sembravano annebbiati dalla voglia che avevano di fare del male. Sono volate anche delle minacce. A una persona hanno detto che, in sostanza, non sarebbe finita lì. E poi se ne sono spariti».

La sera prima, il venerdì, i due trentenni erano stati tormentati. Un ragazzino, con un borsello di Louis Vuitton, aveva fatto il gesto di estrarre qualcosa dall’interno: «Cosa mi tiri fuori adesso, il coltellino?», gli aveva risposto uno dei due trentenni. Il ragazzo, insistendo nel suo gesto, l’aveva sfidato. «Vuoi vedere?». Dal borsellino non aveva estratto nulla. Lasciando, volutamente, il dubbio. C’era poi stato un accerchiamento. E anche lì si era percepito l’odio sempre più crescente: il potere del branco. E la sensazione di una situazione fuori controllo.

Christian Galimberti
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