Cantù, la città dei canestri rotti: «Non c’è un campo per giocare»

Il caso basket Non esiste più nemmeno una struttura dove i tabelloni permettano di tirare. La protesta di un papà: «Con mio figlio siamo costretti ad andare a Carugo per divertirci»

Si è sempre detto: la Cantù dei mille canestri. Uno in ogni cortile. I tempi però sembrano cambiare. E adesso, a Cantù, che ha associato il suo nome alla pallacanestro internazionale, anche i canestri sono diventati una rarità.

Sembra persino complicato, oggi come oggi, trovare un campetto dove poter tentare un tiro libero o una bomba da tre. In alcuni casi, proprio perché i canestri non ci sono più. «Anche per fare due tiri a canestro, uno deve emigrare e uscire fuori da Cantù, la città del basket», osserva dispiaciuto Stefano Broggi, 50 anni, papà di un ragazzo di dieci anni.

Non solo carenza di palestre, con il problema delle società sportive costrette a lasciare Cantù per allenarsi in mezza Brianza. Tra queste, Pallacanestro Cantù, per i prossimi tre anni a Seveso per gli allenamenti quotidiani. Ma anche Pgc, e la Libertas Cantù del volley, orfane ad oggi del palazzetto Parini, dove il cantiere di riqualificazione è in ritardo di oltre un anno. Un virus simile sembra affliggere anche i semplici campetti. Chi vuole cimentarsi con qualche tiro, deve girare alla ricerca di un canestro che non si trova facilmente.

«Io sono nato e cresciuto a pane e pallacanestro - racconta Broggi - quando ero all’asilo, andavo a vedere la Pallacanestro Cantù e seguivo le partite stando in piedi, pur di riuscire a vedere qualcosa. La pallacanestro, da canturino, è per me una grande passione. Ho smesso di giocare a basket verso i vent’anni, ma adesso con mio figlio andiamo ogni tanto a fare due tiri. Solo che dobbiamo uscire da Cantù per trovare un campo facilmente utilizzabile. Carugo, Mariano, Carimate. Mi hanno detto: Cucciago, dove sicuramente passerò. Insomma, hanno tutti un campetto tranne Cantù, terra della pallacanestro».

«C’è piazza delle Stelle, ma è abbandonata a se stessa - afferma - d’accordo, dicono che più che un campo è un monumento, ma allora che senso ha aver messo due canestri, che adesso sono diventati due tabelloni senza canestro? Tanto valeva farci una statua. Peraltro qualche stella sul pavimento, associata ai nomi storici del basket, sta venendo via».

Dalla sopraelevata di corso Unità d’Italia si passa quindi al campo da basket del Toto Caimi, il centro sportivo comunale di Vighizzolo, tra via Baracca e via San Giuseppe. Sul playground le crepe si sono allargate. In mezzo cresce l’erba. «Un canestro c’è, l’altro invece manca - dice Broggi - Organizzare una partitella a tutto campo è impossibile».

Meno male che c’è via Diaz. Qui, il campetto, per fortuna, ha tutti e due i canestri. Ma sono parecchio usurati. I vicini si lamentano del lancio di bottiglie di plastica, svuotate dai ragazzi più assetati, oltre la recinzione. Ma, al di là di questo, via Diaz è una risorsa importante. «Peccato però che il campetto sia piccolo, e che sia utilizzato soprattutto da adolescenti: difficile pensare, anche qui, a un utilizzo più formato famiglia», osserva Broggi.

«A Riccione, girando a piedi, si trovano spesso campi da basket - conclude - D’accordo, qui non c’è il turismo. Però Cantù non è la città della pallacanestro?».

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