Delitto di Carugo, i parenti in aula
«Dopo la separazione Alfio aveva paura»

L’anziano padre: «Voglio sapere perché è stato ucciso». Il figlio e il fratello: «Viveva nell’angoscia, sapeva di essere spiato». Il contenzioso con la ditta della ex moglie

«Vivevamo nell’angoscia che ci potesse succedere qualcosa, mio figlio non si capacitava come potessero accanirsi in quel modo contro di lui».

Nuova udienza ieri in Tribunale a Como per il delitto di Carugo: hanno testimoniato i parenti più stretti dell’architetto Alfio Molteni, freddato la sera del 14 ottobre 2015 sotto casa dopo una lunga serie di attentati.

Si sono costituiti parte civile, difesi dall'avvocato Ivana Anomali. Per primo viene chiamato l’anziano padre di Alfio, classe 1929, costretto su di una sedia a rotelle. Era in casa quando gli hanno sparato. Ha udito distintamente i colpi che lo hanno ucciso.

Risponde alla domande del pubblico ministero Pasquale Addesso e degli avvocati. Ma è intimorito, e lo dice: «Ho paura, ma voglio sapere perché è stato ucciso mio figlio». Racconta dello stress e delle pressioni a cui Alfio è stato sottoposto nel corso della burrascosa separazione dalla seconda moglie Daniela Rho. E di come il figlio rendesse partecipe la sua famiglia delle sue preoccupazioni. Un clima pesante, descritto anche dal fratello della vittima, classe 1962: «Viviamo ancora adesso nella paura che ci possa accadere qualcosa, una ritorsione, tant’è che temiamo anche solo ad avanzare la richiesta per vedere le figlie di Alfio».

E poi mette in relazione gli agguati al fratello con i passaggi di fronte al giudice della sua burrascosa separazione giudiziale: «Tutte le volte che c’era un pronunciamento a lui favorevole, ecco che gli succedeva qualcosa».

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