Friuli ’76, c’è ancora commozione
«Non possiamo che dirvi grazie»

Inaugurata in Sant’Ambrogio la mostra sul quarantesimo del Villaggio Lario. In lacrime l’attuale vicesindaco di Resia: «Tanti aiuti, era come essere in una grande famiglia»

Non lo nomina, il terremoto del Friuli del 1976: i morti furono 990. «L’abbiamo vissuto in prima persona. Anch’io. Io c’ero. Ero una bambina. Gli aiuti sono stati veramente tantissimi. Al punto che noi bambini non ci accorgemmo della grandezza di questa tragedia: era come essere in una grande famiglia, insieme a tutti quelli che vennero ad aiutarci».

In lacrime, smette di parlare per la commozione il vicesindaco di Resia Cristina Buttolo, il Comune di cui fa parte Oseacco. La frazione dove, grazie a una sottoscrizione lanciata quarant’anni fa da Gianni De Simoni, direttore de “La Provincia”, spalleggiata dall’amico architetto Alberto Sala della Pro Cantù, con il sostegno del Comune di Cantù, fu possibile creare, in sei mesi, il Villaggio Lario: 30 case costruite in un lampo e arredate altrettanto velocemente grazie alla generosità delle aziende del mobile di Cantù.

Ieri, alle 11, si è inaugurata la mostra nell’ex chiesa di Sant’Ambrogio di piazza Marconi. “Cantù-Resia. Operazione Amicizia”. Sotto la volta, 40 foto, immagini di reportage scattate sempre da Alberto Sala, anche fotografo del circolo La Pesa, nel girare con De Simoni per il Friuli alla ricerca del paesino più bisognoso d’aiuto. Nelle sale laterali, diversi documenti.

Paolo Sala, figlio di Alberto, oggi lui stesso in Pro Cantù, ha curato l’allestimento. «Tutto completamente donato - ha sottolineato - anche grazie alla vicinanza di diverse aziende che già all’epoca aiutarono, di Confartigianato, Cna, Enaip e Cantù Made».

La mostra è a ingresso libero fino al 16 novembre, il giovedì e il venerdì dalle 15 alle 19, il sabato e la domenica anche dalle 10 alle 12.30. Come ha detto Luca Crapiz, presidente della Pro Oseacco: «Non possiamo che dirvi ancora grazie».

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