Cronaca / Cantù - Mariano
Mercoledì 06 Novembre 2019
Il mio arrivederci alla vita
Una lettera d’amore per Como
Como
Luca Giovanelli, 64 anni, si è trasferito negli Usa, lo scorso ottobre ha inviato al nostro giornale una lettera che è un testamento d’amore per la sua città d’adozione: Como. Ha chiesto che la sua storia e quella lettera venissero pubblicate solo dopo la sua morte, avvenuta ieri.
Ci sono luoghi che ti entrano nel cuore subito, la prima volta che li vedi. E che tieni a salutare con tutto te stesso, per l’ultima volta. Luca Giovanelli, comasco d’adozione che si era trasferito poi in America (ma una volta all’anno sentiva irresistibile il richiamo di questo lago), lo ha voluto fare apprendendo del decorso della sua malattia. Si era rivolto al nostro giornale con un messaggio intenso, dedicato ai comaschi. I suoi comaschi. Da pubblicare dopo l’ultimo viaggio.
Un bimbo sul lago
«Io sono nato a Milano nel 1955 - ci ha spiegato - e dovetti lasciare la città all’età di otto anni per una grave forma asmatica, forse causata da allergia allo smog. Mi ritrovai a Carimate nel ’63 e l’asma se ne andò immediatamente». Giovanelli ha frequentato le ultime due classi elementari al collegio De Amicis («Bellezza andata al macero»), le medie alla Tibaldi-Parini, infine il liceo Volta: «Arrivai sparato da Marte e mi resi conto che l’ingresso nei vari gruppi di amicizie si era già formato durante le scuole medie. Dopo i primi due anni di tentativi poco fortunati (e qui notai l’apparente ruvidezza e scontrosità del comasco) mi resi conto che dovevo accelerare il passo anche per non perdere tutte quelle belle ragazze». Allora ecco l’idea: «Mi rivolsi al mio compagno di banco, che mi sembrava conoscesse gente, e lo invitai ad aiutarmi ad organizzare una serata in modo da conoscerli» E questa trovata fa centro: «La notizia fece rumore in città; un milanese organizza una festa per conoscere i comaschi. Incuriositi, arrivarono in parecchi, anche più gente di quella invitata, cosa che a me fece solo piacere, così che conobbi in una sera un centinaio di persone ed entrai in società... Facile no?».
Per Luca Giovanelli, Como significa molto: ci resta fino a 25 anni, quando va all’estero per la prima volta. Per lui sono «gli anni delle manifestazioni, delle moto, delle partite di pallone, delle serate da ricordare e da dimenticare, ma specialmente, della scoperta dei comaschi e del lago - narra -. Cominciai ad apprezzare il loro modo di essere, pochi fronzoli, pane al pane e meglio è dire no e poi fare una cosa richiesta che dire “tranquillo, ghe pensi mi” e poi dimenticarsi. In compenso una volta entrato nel tessuto della città (che ritengo di perfetta grandezza) ho sempre goduto dell’amicizia di tanti e dell’affetto incondizionato».
Carimate ha scandito il suo incontro con il lago: «La sorella di mia nonna materna si era sposata con un “laghée” e si era trasferita ad Azzano. Antonio Gilardoni e la sua Cesira vivevano beatamente come fossero nell’ottocento. Al mattino presto fuori in barca a pescare, poi a casa con le galline e i conigli, il pranzo con il pescato del giorno (i missoltini venivano fatti in una stanza puzzolentissima al piano terra), riposino e in cortile a prendere l’ultimo sole prima di accendere il grande camino e andare di polenta».
Così scorrono i flash con lo zio in barca, a pescare, il pranzo con le alborelle in carpione e il persico in cagnone, «mica con il risotto come fate voi milanesi». E i posti da scoprire per le morose, il lago che diventava un mondo sempre più grande tutto da gustare in ugual misura: «Nesso, Lemna, Pianello Lario e tanti altri angoli che lo rendono così speciale». Il lago che chiama e conduce sempre più lontano, anche nella vita, quando forma una famiglia, quando decide di sposare la donna della sua vita.
« Amici dei miei genitori comprarono una multiproprietà a Gera Lario - raccontava ancora - e così ebbi la possibilità di scoprire l’immobile fascino dell’alto lago, tanti piccoli dettagli di un mondo che non vuole cambiare (per fortuna). Per il mio viaggio di nozze, che domande... Prima notte a Lenno all’Hotel San Giorgio. Il ramo di Lecco? Da buon comasco, sempre alla larga», commentava.
La partenza e il grazie
Non c’è rimpianto nell’emigrare in America con la moglie Sara (lei avvocato, lui fisioterapista): «Decidemmo che gli States erano il miglior posto per noi per crescere professionalmente e alla larga dall’unto che imperversa in Italia, paese che definisco il più bello del mondo». Ma gestito in un modo, sempre più difficile da accettare per chi la ama.
Como, però, è un’altra cosa, fuori concorso. Casa, famiglia, il lago che riporta tutto come una volta, ai valori e alla bellezza. Ecco perché Luca ci ha affidato il messaggio per quella che considera la sua gente: «Vorrei, in questi ultimi giorni della mia vita, ringraziare e idealmente abbracciare tutti coloro che mi sono stati vicini e che spero continueranno ad esserlo anche quando non ci sarò più. Vorrei portare con me le bellezze del mio lago, i sapori del tempo che si respirano nei borghi e nei paesi lacustri, le immagini da sogno di un qualunque giorno, sempre diverse e mutevoli, uniche ed autentiche».
Il suo è davvero un gesto di amore e gratitudine: «Il comasco, da fuori, può sembrare ruvido, arcigno, forse un po’ chiuso, ma se apre le porte del suo cuore è per sempre. Mi sento onorato di aver intrecciato la mia vita con quella della gente e della città che mi ha adottato. Ancora grazie e un arrivederci a tutti».
Ora Luca se n’è andato: dall’America ce lo sussurra la sua Sara. Con un ultimo pensiero a luoghi e persone che l’hanno accolto da ragazzino. E che lui non lascerà mai.
Marilena Lualdi
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