Cronaca / Cantù - Mariano
Martedì 22 Marzo 2016
In cella per il delitto di Carugo
Tradito da telecamere e cellulare
Ecco come i carabinieri hanno identificato il presunto killer dell’architetto Alfio Molteni (GUARDA IL VIDEO)
«L’architetto Molteni non è stato ucciso né per questioni legate allo spaccio di droga né per potergli rapinare l’auto. E, se non esiste un movente, allora vuol dire che ci sono dei mandanti».
Nel giorno della svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Alfio Molteni, con l’arresto di Michele Crisapulli, 45 anni di Cesano Maderno, accusato di essere l’esecutore materiale del delitto, ci sono domande che restano ancora aperte: chi ha ordinato quello sparo mortale? E perché?
Scava e scava i carabinieri del nucleo investigativo di Como e i colleghi dell’unità Crimini violenti dei Ros non sono riusciti a trovare un solo elemento che unisca la figura dell’architetto freddato sotto casa il 14 ottobre dello scorso anno con un colpo di pistola che - verosimilmente - doveva essere l’ennesimo avvertimento ai suoi danni, e il suo presunto (fino a prova contraria) killer.
Ed è per questa assoluta incompatibilità tra omicida e vittima che il procuratore capo di Como, Nicola Piacente, lascia intuire che la caccia ai mandanti dell’omicidio è tuttora aperta.
Sono due le ordinanze di custodia cautelare chieste dal pm Pasquale Addesso, emesse dal giudice Maria Luisa Lo Gatto ed eseguite ieri mattina all’alba dai carabinieri di Como. Oltre a Crisapulli, nato a desio con origini crotonesi, in carcere è finito anche Stefano Posca, nato a Crotone, 27 anni, pure lui residente a Cesano Maderno. Se Crisapulli - nome noto alle cronache fin dagli anni Novanta per reati contro il patrimonio e legati alla droga - è accusato dell’omicidio di Alfio Molteni, Posca è sospettato di favoreggiamento e incendio (oltre che di spaccio di stupefacenti) per aver aiutato l’amico e (sempre) presunto compagno di scorribande a dare alle fiamme la Polo del figlio dell’architetto, l’auto utilizzata dai killer nella loro fuga da via Garibaldi, la sera del 14 ottobre scorso.
L’inchiesta dei carabinieri assomiglia al classico rompicapo messo insieme un tassello alla volta.
Primo tassello: l’auto usata dagli assassini (due, uno al momento resta ignoto). Accanto all’abitazione diventata scena del crimine gli uomini del nucleo investigativo trovano una Fiat Uno blu rubata cinque giorni prima a Bovisio Masciago. L’analisi delle telecamere del Comune brianzolo consente di immortalare il momento del furto della vettura e permette agli inquirenti di identificare i due autori: Luigi Federico e Giovanni Vizzì, arrestati lo scorso dicembre. È quest’ultimo a spendere, per primo il nome di Crisapulli come possibile committente del furto dell’auto. Dichiarazioni poi confermate nell’interrogatorio dopo il suo arresto, quando spiega che Crisapulli «voleva gambizzare l’architetto, invece lo hanno ucciso».
Secondo tassello: il traffico telefonico del cellulare del sospetto killer. Grazie all’analisi dei Ros gli inquirenti sono sicuri di aver ricostruito minuto dopo minuto il viaggio degli assassini da Seveso a Carugo e, soprattutto, a piazzare il telefono di Crisapulli in quel di via Garibaldi nei minuti in cui Alfio Molteni veniva ucciso.
Terzo tassello: le tracce di Dna sulla Fiat Uno rubata. Sul volante e sulla leva del cambio della vettura con la quale i killer hanno raggiunto Carugo i carabinieri del Ris hanno trovato tracce di Dna compatibili sia con Crisapulli che con uno dei due esecutori materiali del furto della vettura.
Quarto tassello: le tracce di polvere da sparo sulla Mercedes Classe A nera del presunto omicida. Particelle di piombo-antimionio-bario (componenti classici in caso di esplosioni d’arma da fuoco) sono state trovate sui sedili dell’auto di Crisapulli e più precisamente su quello del passeggero. Un’ora dopo l’omicidio dell’architetto una telecamera immortala quell’auto fermarsi davanti alla casa di Posca. Dalle immagini si vede quest’ultimo scendere dal lato guida e cedere il posto a Crisapulli. Una manciata di minuti prima l’auto rubata alla vittima veniva data alle fiamme a Paderno Dugnano.
«Questa è una tappa importante - ha commentato il pm titolare del fascicolo, Addesso - ma l’inchiesta è tuttora in corso». Obiettivo? Dare un nome e un volto ai mandanti.
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