Caro direttore,
siamo nuovamente la coppia di tifosissimi del Calcio Como di Cesate. Volevamo manifestare il nostro apprezzamento per il Vs. articolo Lost relativo al Calcio Como.
Non possiamo da un lato esprimere sconcerto per la quantità di personaggi che si sono voluti fare pubblicità sulle sorti della nostra squadra di calcio, soggetti evaporatisi nel giro di pochi giorni se non ore, e nel contempo esprimere nuovamente la solidarietà per l'attuale compagnia societaria con tutti i suoi sforzi pur nei suoi limiti.
Vogliamo altresì, da “forestieri”, rimarcare ancora una volta come la Città di Como sia ancora assente, tranne il solo sig. Nini Binda, auspicando che altri comaschi d.o.c. ne seguano l'esempio.
Ciò in considerazione del fatto che la squadra è patrimonio della Città, come del resto lo stadio, la cui prospettata utilizzazione, così come emerge nelle ultime ore dai mass media, potrebbe davvero costituire l'occasione per quel coinvolgimento del tessuto cittadino che garantirebbe finalmente un importante salto di qualità non solo sportivo.
Grazie per l'attenzione.
Giancarlo e Alda Saccani
Una precisazione, per dovere di cronaca. Nini Binda non è l'unico socio di minoranza comasco del Calcio Como, insieme a lui c'è Mauro Corti, un altro appassionato comasco. Detto questo, la questione è vecchia e già molto dibattuta: a Como investire nel Como interessa poco, ma non è una novità. Né del resto la questione riguarda solo questa città. Sono moltissimi gli esempi, dalla serie A in giù, di presidenti che non sono figli del tessuto cittadino locale. Non è questa una caratteristica fondamentale per fare bene o male, facciamocene una ragione. Né, permetteteci, bisogna fare monumenti a chi sceglie di acquistare una società di calcio: è una scelta, non un obbligo. Elogi e critiche non dipendono da dove si arriva e dal perché lo si fa, dipende da come lo si fa. E, nel caso dello sport, da quello che si riesce a ottenere in termini di risultati.
Che poi, a Como, siano in tanti ad aver sbandierato intenzioni mai messe in pratica forse più che altrove questo è altrettanto vero. Chissà perché. Però sarebbe sbagliato farne un alibi per chi invece si è preso e si prende sul serio l'impegno di far vivere questa società. Che comunque ha tutto il nostro appoggio e il nostro sostegno sempre, sia chiaro.
Lilliana Cavatorta
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