Vorrei commentare le notizie sulla possibilità di riaprire il centro culturale islamico in via Domenico Pino, tramutandolo secondo il sogno del capo della comunità islamica in luogo di culto, ossia in una moschea.
Credo che non ci siano i presupposti perché ciò avvenga, considerata l'ubicazione del locale, con pochi parcheggi e molte abitazioni vicine e col rischio di congestionare la viabilità. Mi appello al buonsenso da parte dei nostri politici affinché via Domenico Pino non diventi come viale Jenner a Milano, dov'è veramente difficile transitare ed esercitare il proprio diritto al lavoro.
Nessuno può negare il diritto di preghiera, ma basta che ciò avvenga nei luoghi idonei e predisposti, attrezzati per accogliere un numero così elevato di persone. Non facciamoci sottomettere da manifestazioni di prepotenza come già avvenuto da parte di queste persone, brave a rivendicare i loro diritti ma che spesso si dimenticano le regole basilari per una convivenza pacifica.
Fabio Noseda
Albavilla
Nessuno vuol mettere in dubbio il diritto di pregare: anche uno Stato laico, qual è quello in cui spero di vivere, deve riconoscerlo a tutti i suoi cittadini. Ma il problema è che la preghiera dei musulmani non è come quella degli altri fedeli. E' una preghiera collettiva, in orari prestabiliti, che coinvolge un grande numero di persone e determina una serie di problemi con i quali poi i cittadini devono misurarsi.
Inoltre la moschea è qualche cosa di diverso dalla nostra chiesa. E' molto più che un luogo di culto e può diventare un luogo di predicazione della violenza o addirittura di reclutamento di potenziali terroristi. Proprio come accadeva nella moschea di viale Jenner, che venne definita "militante" dagli inquirenti. Ecco perché è legittimo e doveroso accostarsi con prudenza alla questione. Siamo per il rispetto dei diritti di tutti, a condizione che tutti rispettino le regole del nostro Paese e della nostra città. E tutti vuol dire nessuno escluso.
Pier Angelo Marengo
p.marengo@laprovincia
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