Marzo 1994. «Pronto, sono Scalfaro…». Il cuore mi saltò un battito. Il presidente continuò: «Buongiorno signora, la voglio ringraziare... e mi voglio complimentare… l'abbraccio affettuosamente e che il Signore benedica lei e la sua famiglia».
Non riuscivo a parlare. Balbettavo dei «Grazie…troppo buono…altrettanto di cuore…» e, intanto, mi davo della stupida per quel mutismo che mi attanagliava la gola. Avrei voluto rispondere: «Grazie Presidente, grazie per la lezione di vita.» Quante volte, noi abbiamo rimandato o dimenticato un saluto, un pensiero, un ringraziamento, una telefonata che avrebbe gratificato chi ci aveva ricordato? Lui, il Presidente, ha telefonato due volte in un giorno. Per ringraziarmi di un pensiero gentile che gli avevo scritto, nel richiedergli un autografo per mio figlio, e poi per salutare il ragazzo (17 anni), suo ammiratore e sostenitore politico.
In quei giorni di battaglie elettorali e politiche, di attacchi più o meno velati al Quirinale, non osavo sperare che la mia richiesta arrivasse sulla sua scrivania, mi bastava un biglietto (magari mandato da una segretaria) con la sua firma, invece telefonò personalmente. «Signora, le spedirò…». Su al Colle c'era il Capo di Stato, ma l'uomo era giù con il popolo. Anche per questo, grazie presidente Scalfaro.
Marisa Colombo
Como
I biografi di Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica emerito, sono concordi nel definirlo "uomo del dialogo", molto sensibile al contatto con la gente. Anche la sua strenua difesa della Carta costituzionale muoveva da questa premessa di fondo. «La Costituzione è nata dal dialogo fra le diverse forze politiche, abbiamo votato articolo per articolo, attenti ad ogni singola parola...» era solito ricordare, soprattutto quando parlava ai giovani, per i quali aveva sempre molte attenzioni. E l'episodio che lei ci ha ricordato conferma la sostanziale attendibilità di questo ritratto.
Pier Angelo Marengo
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